Un capannone è pieno di mascherine sequestrate, e quindi inutilizzabili, acquistate dall’ex commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri. Conservarle non ha granché senso, ma è necessario perché deve ancora celebrarsi il processo per frode in forniture pubbliche, falso e abuso d’ufficio. Le indagini sono state chiuse, ma al momento gli indagati non hanno ancora ricevuto notizia di rinvio a giudizio o proscioglimento. Dunque, non si possono distruggere perché sono la prova di reato. Il paradosso, evidenziato dal Messaggero, è che per questo deposito vengono spesi soldi pubblici da quasi tre anni. Un maxi spreco, perché quelle mascherine sono state acquistate, ma non andavano bene, ma anche perché non possono essere smaltite. Va ricordo a tal proposito che alla fine della gestione commissariale, il generale Francesco Figliuolo, successore di Domenico Arcuri, aveva stimato in almeno un milione di euro al mese i costi dello stoccaggio delle mascherine che per vari motivi erano inutilizzabili. Di quelle non sottoposte a sequestro aveva avviato le procedure per la distruzione, invece per quelle sequestrate si continua a pagare.
Secondo quanto riportato dal Messaggero, i pubblici ministeri Gennaro Varone e Fabrizio Tucci si sono rivolti al giudice per le indagini preliminari, chiedendo di anticipare la perizia tecnica su un campione di mascherine, per acquisire le informazioni indispensabili per il processo e smaltire definitivamente il resto del materiale, cioè di 340 milioni di mascherine. Si tratta di un incidente probatorio per cristallizzare il grado di protezione garantito dalle mascherine sequestrate, anche perché col tempo c’è un inevitabile deterioramento dei dispositivi chiusi da mesi nei magazzini giudiziari.
REATO CONTESTATO AD ARCURI POTREBBE ESSERE ABROGATO
«Il tempo rischia di compromettere l’utilità di una perizia, che dovesse essere disposta, come sembra necessario, nell’eventuale giudizio di merito», scrivono i pm nella loro richiesta, come riportato da La Verità. «I sequestri […] ingombrano magazzini in varie località italiane, i cui titolari chiedono di liberarli». La decisione potrebbe arrivare comunque tardi. Le mascherine, prodotte nel 2020, potrebbero essere già inutilizzabili, aver superato la data di scadenza. Quindi, la decisione della procura richiesta di diventare un assist involontario agli imputati, le cui difese potrebbero poi dar battaglia sulla validità dell’incidente probatorio, rischiando che il procedimento si allunghi fino a sfiorare la prescrizione prima della sentenza di primo grado, prevista dopo sette anni e mezzo dall’inizio del processo. A poco meno di 10 mesi dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini alle persone indagate, non sono state depositate le conclusioni con le richieste. A ciò bisogna aggiungere i tempi per incidente probatorio, udienza preliminare e dibattimento. Inoltre, La Verità ricorda che la procura di Roma ipotizza per Domenico Arcuri il reato di abuso d’ufficio, che però il governo Meloni sta pensando di cancellare.