Ogni ambiente è ormai terreno fertile in cui fare video da pubblicare su web e social. E la scuola non è da meno. Sempre più frequenti sono infatti gli episodi di bullismo o le semplici bravate riprese in classe e poi condivise sui vari social media. Per quale motivo? Per smania di like e followers. Ma ad essere vittime o protagonisti non sono solo i compagni di classe. Al centro di bullismo sono sempre più anche gli insegnanti, spesso ripresi inconsapevolmente per poi ritrovarsi in video virali sparsi in rete.
È quello che è successo alla professoressa di scienze e biologia dell’ITIS Marchesini di Rovigo, Maria Luisa Finatti, l’11 ottobre scorso. La vicenda è stata riportata dal quotidiano ‘La Repubblica’, che ha riportato la breve intervista e il racconto della malcapitata. In base infatti alle sue parole l’insegnante si sarebbe ritrovata ad essere colpita ripetutamente con una pistola ad aria compressa da alcuni suoi studenti, mentre altri, cogliendo in quel gesto una banale azione scherzosa, avrebbero ripreso l’accaduto con gli smartphone.
Denunciati 24 studenti del primo anno di scuola superiore di Rovigo
La docente vittima, in un primo momento incredula e presa alla sprovvista, ha reagito scoppiando in lacrime. E per lo ‘shock’ subìto ha preferito richiedere alla scuola alcuni giorni di permesso, trascorrendo notti insonni.
Subito dopo però la donna ha pensato però di reagire, per non lasciare impunite azioni come quelle da lei subìte oltre che, come ha detto la stessa insegnante, “per difendere la sua dignità e quella dei colleghi”. Ne è così seguita una denuncia, rivolta a tutti e 24 gli studenti della classe, in un qualche modo tutti partecipanti all’episodio. Solo uno studente, ha raccontato la professoressa, ha pensato di porgerle le proprie scuse, nell’indifferenza invece del resto della classe.
I reati imputati sono quelli di lesioni personali, oltraggio a pubblico ufficiale, diffamazione a mezzo social e atti persecutori. La denuncia della docente vuole essere in questo modo un gesto forte, rivolto anche ai genitori, spesso troppo complici dei figli quando invece dovrebbero essere alleati degli insegnanti nell’evitare che gesti del genere si possano ripetere sia a scuola sia altrove.