Marco Martini era uno statistico autorevole, che ci ha lasciato prematuramente 20 anni fa. Ha contribuito a creare la Facoltà di Statistica dell’Università di Milano Bicocca, dove è ricordato con un’aula a lui dedicata. Ha occupato posti di responsabilità a livello nazionale ed è stato un innovatore nell’analisi del mercato del lavoro e nella creazione degli strumenti per governarlo. Ma era innanzitutto un uomo di grande cultura, con alle spalle una solida formazione umanistica, che aveva imparato a partire dalla realtà e a giudicarla con gli occhi di una fede aperta all’uomo e al mondo. E la realtà che gli era più prossima era quella dell’economia e del lavoro, con la quale aveva a che fare quotidianamente.
Se a distanza di 20 anni dalla sua scomparsa esce un libro (“Economia, l’ordine della casa. Lavoro, persona, intrapresa, Itaca 2022) che riporta alcuni suoi scritti è perché gli amici di allora, che sotto la sua guida hanno condiviso, attraverso l’Associazione UM.E.S., le analisi e i giudizi sull’economia, sullo sviluppo, sul lavoro, sull’intrapresa, sulla sussidiarietà, credono che non debbano andare perdute e debbano essere trasmesse a giovani ricercatori, manager e operatori delle istituzioni con l’auspicio che possano trarne profitto nell’operare nella società e nel mondo della ricerca economica e possibilmente arricchirle.
Il libro raccoglie 10 articoli, accompagnati da un’introduzione del curatore; non si tratta di saggi scientifici, essendo per lo più il frutto di interventi che Martini ha tenuto in contesti sociali e culturali diversi, per lo più frequentati da un pubblico eterogeneo; tra questi un intervento alla Scuola di Dottrina Sociale della Chiesa, che si tenne nel 1987. “Lavorare è fare un uomo al tempo stesso che una cosa” è un’ espressione di Emmanuel Mounier che ha spesso guidato le riflessioni di Marco. Il lavoro ha un portato soggettivo che va ben oltre lo svolgimento di mansioni e comportamenti ripetitivi: “Lavorare è dunque addomesticare, ma anche assumersi il bisogno dell’altro, della donna, del figlio, il bisogno futuro dell’altro…”.
Non ci sarà mai alcuna macchina che possa sostituire l’uomo nel giocare la propria responsabilità in ciò che fa lavorando.
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