Usa e Turchia ai ferri corti. Tanto che qualcuno ipotizza addirittura Ankara fuori dalla Nato. Quello dell’ex consigliere nazionale alla sicurezza John Bolton, repubblicano già nello staff di Trump, ritenuto un “falco” per le sue posizioni, è un azzardo, ma è indice forse di una insofferenza degli americani per la politica di Erdogan.
In un articolo uscito ieri sul Wall Street Journal Bolton punta l’attenzione sulle prossime elezioni in Turchia, chiedendo una consultazione libera senza la quale gli alleati della Nato dovrebbero porsi il problema della presenza dei turchi nell’Alleanza atlantica. Una prospettiva complicata. Anche perché non ci sono procedure di espulsione dalla Nato. Lo spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale e dell’Unione Europea all’Università La Sapienza di Roma.
Bolton sostiene che la Turchia potrebbe finire fuori dalla Nato perché non si comporta come un alleato. Si tratta di una possibilità concreta?
Il Trattato Nato non prevede una procedura di espulsione. È difficile, quindi, che uno Stato possa essere espulso ad opera degli altri. È una situazione simile a quella dell’Unione Europea, la quale, a propria volta, non può espellere alcuni Stati che non rispettino i suoi valori fondamentali, quali la Polonia e, soprattutto, l’Ungheria.
Potrebbe essere sanzionata?
A differenza dell’Unione il Trattato Nato non ha neanche una procedura sanzionatoria per gli Stati che violano gli obblighi fondamentali di partnership. Ne consegue che, qualora questa violazione si verifichi, gli altri Stati possono ricorrere al diritto internazionale consuetudinario, il quale prevede che le parti di un trattato multilaterale possano, di comune accordo, sospendere, se non anche estinguere, il trattato nei rapporti con la parte inadempiente.
La Turchia però è un alleato importante, soprattutto adesso: possibile che si pensi di rinunciare alla sua presenza?
Mi sembra difficile che gli Stati Nato vogliano davvero mettere alla porta la Turchia. In un momento storico che prospetta il rischio di un ritorno al bipolarismo, è difficile consegnare la Turchia nelle mani dei competitors dell’Occidente sul piano globale, in particolare la Cina. Certo, la Turchia sta giocando un gioco pericoloso; essere parte nella Nato e differenziarsi da essa per esercitare un proprio ruolo nella arena politica internazionale.
La Turchia si oppone all’entrata nella Nato di Finlandia e Svezia. Con quest’ultima Erdogan ha un contenzioso che riguarda l’estradizione di un giornalista che è rifugiato politico. Le ragioni del diniego sono queste?
Le ragioni sono molteplici. La Turchia vuole sfruttare il potere di veto – concessole dall’articolo 10 del Trattato Nato – sull’ingresso di Finlandia e Svezia al fine di avere un sostanziale via libera per la propria politica egemonica nell’area regionale, diretta soprattutto contro i curdi. La Turchia sta anche sfruttando la propria posizione di controllore dell’area balcanica per l’afflusso dei migranti in Europa. Su ambedue i fronti i Paesi della Nato, in particolare quelli europei, sono molto sensibili. Ma sarebbe un errore consentire indefinitamente questa sorta di ricatto, sia per motivi etici che per evitare di consegnarsi ai capricci di uno Stato retto da un’autocrazia.
La scelta della Nato di inglobare questi Paesi anche in funzione anti-russa ha ragione d’essere oppure rischia di peggiorare la situazione e rendere ancora più forte l’accerchiamento della Russia da parte della Nato?
È difficile rispondere. È chiaro che ogni Stato ha il diritto di determinare liberamente la propria politica di alleanza. Certo, ci si può interrogare se l’allargamento della Nato ai confini russi sia davvero necessario e saggio in questo momento storico. Non mi riferisco tanto ai due Paesi baltici, da tempo parti integranti del sistema economico, politico e culturale occidentale. Mi riferisco, invece, alla richiesta dell’Ucraina di entrare a far parte dei sistemi occidentali, e cioè la Nato e l’Unione Europea. È proprio necessario, in un momento come questo, nel quale occorre fare di tutto per l’obiettivo di far cessare questa guerra atroce?
Nato e Turchia nella crisi ucraina stanno giocando la stessa partita oppure hanno obiettivi diversi?
È evidente che hanno obiettivi diversi. La Turchia sta cercando, senza successo, di accreditarsi come una sorta di mediatore super partes. Questo ruolo non è di per sé incompatibile con i propri obblighi di Stato membro della Nato; al contrario, è un ruolo che qualcuno deve cercare di svolgere per arrivare a qualche forma di cessazione delle ostilità. Il punto è che la Turchia sembra tentata di proporsi come una potenza economica e militare antagonista rispetto all’Occidente, pur senza distaccarsi apertamente da essa. Come ho detto, la Turchia difficilmente può essere espulsa dalla Nato ma, ai sensi dell’articolo 13 del Trattato Nato, può decidere unilateralmente di cessare di esserne parte.
(Paolo Rossetti)
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