Sui nidi siamo fermi al palo nonostante il Pnrr e così non si aiutano né i bambini, né le famiglie. Eppure la Raccomandazione 14785/22 del 29 novembre 2022 del Consiglio dell’Unione europea riprende il tema dell’estensione dell’offerta educativa per i bambini/e prima dell’obbligo scolastico rivedendo gli obiettivi quantitativi fissati a Barcellona vent’anni fa: 45% per l’offerta ai bambini sotto i 3 anni e 96% per quelli da 3 anni all’inizio della scuola primaria.
La Raccomandazione, inoltre, non si limita a fissare nuovi obiettivi quantitativi, ma sottolinea che l’offerta di servizi di cura e educazione deve essere di alta qualità, per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino/a, nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva, in cui l’occupazione femminile è vista come volano di benessere diffuso e di partecipazione sociale.
Dunque l’Ue dedica grande attenzione al tema dell’accessibilità dei servizi educativi in termini di diffusione territoriale e degli ostacoli alla loro fruibilità da parte di molte famiglie per motivi economici, culturali o insufficiente sostegno politico. In Italia quello del 33% per la frequenza a un servizio educativo per i bambini sotto i 3 anni è ancora da raggiungere, benché sia stato evocato più volte dal D.lgs. 65/2017 e dalla Legge di bilancio per l’anno 2022 (L. 234/2021).
Nel 2020-21 i posti disponibili, incluse le sezioni primavera, coprono solo il 27,2% dei bambini/e 0-3 anni a livello nazionale (di cui il 49% in nidi pubblici). Vi è una grande disomogeneità territoriale e infra-territoriale nella loro distribuzione e forti differenze socio-economiche nell’utilizzo, a vantaggio delle regioni del Centro-Nord e dei ceti più istruiti e in migliori condizioni economiche, come mostrano i dati più recenti diffusi a cura dell’Istat per conto della presidenza del Consiglio, Dipartimento Politiche per la famiglia.
Dai Comuni sono arrivate richieste di finanziamento solo per la metà dei 2,4 miliardi di euro stanziati dal Pnrr per gli asili nido, i bandi, nonostante ripetuti, non hanno avuto risposte: causa i costi di gestione, l’inesperienza che frena chi deve partire da zero. E così il gap fra i territori rischia di allargarsi anziché ridursi. È anche vero che la Legge di bilancio per il 2022, consapevole di ciò, ha un finanziamento annuo di importo crescente ai Comuni per fare fronte alle spese di gestione: 120 milioni di euro nel 2022 per arrivare a 1,1 miliardi a decorrere dal 2027.
A fronte degli importanti investimenti nella costruzione e ristrutturazione di nuovi servizi educativi per l’infanzia e di scuole dell’infanzia previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, è grande preoccupazione sia l’attuale carenza di docenti nella scuola dell’infanzia in molte regioni, e la previsione di un suo aggravamento per il pensionamento di molti (nei prossimi 10 anni i pensionamenti dimezzeranno i docenti delle Scuole dell’infanzia) col necessario potenziamento del tempo pieno in tutti i territori, sia il prossimo grande fabbisogno di educatori per i nuovi servizi per l’infanzia (stimabile incirca 32.000 unità). È quindi urgente una progettazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali ed Enti locali affinché siano qualificati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori, anche al fine di evitare, come già accade per altri ordini scolastici, problematici fenomeni di migrazione di docenti da una regione all’altra e impoverire ancora di più le famiglie per mancanza di nidi.
Poi vero è che le professionalità di cura, non solo quelle dedicate all’infanzia 0-6, godono di una forte crisi vocazionale. Le studentesse, quasi esclusivamente donne, che accedono al percorso formativo per educare nello 0-3 sono in numero relativamente basso rispetto al fabbisogno attuale e futuro. Spesso la scelta di queste facoltà è residuale, in quanto non si è avuto accesso a facoltà a numero chiuso come Scienze della formazione primaria che apre anche l’accesso a lavorare, oltre che nella scuola per l’infanzia, in quella primaria.
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