Alla fine la Germania ha ceduto. I tanto decantati carri armati Leopard di nuova generazione arriveranno, a quanto pare, in Ucraina. Una decisione sofferta, attesa da Zelensky, ma che apre scenari preoccupanti poiché significa un coinvolgimento sempre più forte dell’Occidente nella guerra contro la Russia.
Il rischio di un’escalation c’è tutto e l’invio dei tank, anche se dal punto di vista operativo potrebbe non cambiare nella sostanza le posizioni sul terreno, dal punto di vista politico significa che il conflitto diventa sempre meno locale. Lo spiega Marco Bertolini, generale, già comandante del Comando operativo di Vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi, dalla Somalia al Kosovo.
I tedeschi sembra si siano convinti a fornire i Leopard agli ucraini. Ma perché è così importante rifornire l’esercito di Kiev con questi tank?
Gli ucraini sono in una fase molto critica: l’iniziativa sul terreno ce l’ha la Russia, che l’estate scorsa ha sfondato la prima linea difensiva. E adesso con la conquista di Soledar sta mettendo le mani su Bakhmut. Lì i russi farebbero crollare anche la seconda linea difensiva, costringendo gli ucraini ad arretrare. Questi ultimi sono costretti a richiamare uomini da altri fronti per cercare di tamponare a tutti i costi la situazione, per evitare che i russi occupino tutto l’Oblast di Donetsk. Gli ucraini sono carenti in personale, in soldati, perché hanno delle perdite enormi e la Russia comincia ad avere risultati, parziali, della prima mobilitazione di uomini, ma sono anche carenti in artiglieria perché il potenziale della Russia è più forte, si parla di 9 a 1 come proporzioni. E, infine, sono carenti di carri.
Com’è la situazione sotto questo profilo?
Gli ucraini hanno perso tutta la componente corazzata e tutto quello che è stato mandato dai Paesi che prima facevano parte del patto di Varsavia, quei carri di concezione sovietica che erano in dotazione alla Polonia, che erano in Germania Est, in Repubblica Ceca, Slovacchia, Paesi Baltici. A questo punto l’Ucraina chiede altri carri, chiede un ulteriore esercito.
Ma l’arrivo dei Leopard è una questione di vita o di morte per gli ucraini? Cambierà veramente le forze in campo?
Non cambierà la situazione. Ce ne vorrebbero centinaia e centinaia per poter ribaltarla. È importante per un altro motivo, per quello che sta a significare dal punto di vista politico: il ruolo dell’Occidente, della Nato, dall’Europa o della Ue (ormai non si capisce più quali sono i confini tra l’uno e l’altro) non sarebbe più quello di uno spettatore che parteggia in modo un po’ sguaiato per uno dei due contendenti, ma sarebbe una partecipazione diretta. Se c’è la volontà di spingere a un maggior coinvolgimento degli europei, a fare in modo che cedano sistemi d’arma di valore all’Ucraina rinunciando a una parte delle loro risorse, alla loro sovranità – perché le forze armate sono uno strumento di sovranità – a favore di un Paese che non fa parte né della Ue né della Nato, dal punto di vista politico questo avrebbe una grande importanza.
Ma per imparare a usare i carri occorre tempo.
I carri non sarebbero così irrilevanti, ma neanche così decisivi. Intanto l’addestramento del carrista non lo puoi fare a tavolino, devi farlo sui mezzi, che non sono in dotazione all’Ucraina. Inoltre farebbero parte di un pacchetto in cui ci sono anche mezzi britannici e Amx francesi, con una complicazione delle linee per il rifornimento e per la manutenzione, con bocche da fuoco di diverso calibro. Sarebbe un problema logistico molto grande. In realtà se l’Ucraina ha la possibilità di non perdere è soltanto per un intervento diretto nostro. E c’è chi sta spingendo per questo.
Se agli ucraini mancano gli uomini a un certo punto verranno a chiederci anche quelli?
In Ucraina ci sono già uomini, e non parlo di poche unità, che arrivano da tutte le parti. Si è sentito parlare spesso di forze inglesi e polacche. La Polonia è un Paese che soprattutto nell’Occidente ucraino ha degli interessi.
Sono dei volontari?
Penso di sì. D’altra parte un Paese che non vuole comparire ha altri mezzi per poter partecipare. In questo contesto c’è da dire che la Germania ha cercato di evitare di fornire i carri perché si rende conto che questa è una mossa che può portare a un’ulteriore escalation. La Germania è un Paese in piena depressione; dopo che le è stato tagliato il Nord Stream che la legava dal punto di vista energetico alla Russia, è un Paese che non ha più la forza che aveva prima, viene messo in dubbio anche che possa continuare ad essere un motore economico dell’Europa. Adesso piega il capo e la fa davanti a un Paese emergente in Europa: la Polonia.
Ma si dice che la ritrosia dei tedeschi sia anche commerciale, nel senso che i Paesi che forniranno i Leopard all’Ucraina avranno in cambio tank americani. I tedeschi, insomma, perderebbero dei clienti.
Non può essere relegata a una questione commerciale. Il fatto è che i tedeschi vedono, come tutti quanti gli europei, che a noi viene chiesto di dare il fior fiore delle nostre risorse militari in termini di strumenti e sistema d’arma, mentre ad esempio gli americani non parlano ancora di mandare i carri Abrams. Speriamo che non li mandino, intendiamoci. Si è innescato un circuito per cui veniamo spinti a partecipare a una guerra tra due Paesi europei per questioni territoriali loro, nessuno dei quali fa parte né della Nato né dell’Unione Europea, impoverendoci per il taglio delle risorse energetiche e per il fatto che quelle poche risorse militari che abbiamo le dobbiamo cedere.
Ma chi sta spingendo per un coinvolgimento diretto dell’Occidente nella guerra?
Zelensky lo vorrebbe, non ha mai fatto mistero. Stati Uniti e Gran Bretagna sono favorevoli a un coinvolgimento maggiore, anche diretto. La Gran Bretagna lo ha anche detto. Quindi c’è la Polonia. Ma la domanda è: tutto questo è nel nostro interesse?
(Paolo Rossetti)
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