A brevissimo (il 26 gennaio) uscirà al cinema il nuovo film di Paolo Genovese, Il primo giorno della mia vita. Una storia di rivalsa e rivincita, su chi tocca il fondo ma anche il tempo e la voglia di ricominciare, atto primo di una lunga e strutturata riflessione sulla vita e sul nostro ruolo all’interno di essa. “Un film di rinascita”, racconta a La Stampa il regista, “di ripartenza dopo aver toccato il fondo“.
Questo, secondo Paolo Genovese, è “un tema importante, soprattutto oggi”, ragione per cui nel suo film tutto è estremizzato, parlando di felicità “attraverso la morte. La mancanza di qualsiasi speranza”. Lo spunto per il film gli è arrivato, racconta, dal documentario The Bridge, testimonianza tristemente lucida dei suicidi dal Golden Gate Bridge di San Francisco. “La maggior parte dei sopravvissuti”, spiega alla Stampa Paolo Genovese, “durante i sette secondi del volo, si sono pentiti. Per un gesto così estremo esiste dunque una possibilità di pentimento“. Un pentimento che nel suo film è rappresentato dall’uomo misterioso, ovvero un simbolo, “chiunque ti aiuti a cambiare prospettiva nella vita”.
Paolo Genovese: “Non ho ancora capito la felicità”
Continuando nella sua intervista, Paolo Genovese confessa che anche a lui, in passato, è capitato di voler mollare tutto, ripensandoci però proprio grazie a quell’uomo misterioso. “Mi viene in mente quando mi sono licenziato”, racconta, “Ho incontrato anche io persone che mi hanno teso la mano. Ma (..) non mi è mai mancato l’entusiasmo, la voglia di fare. Nel mio caso, il cinema”.
Interrogato su cosa sia per lui la felicità, Paolo Genovese racconta che “non ho ancora capito molto sulla felicità, avrei probabilmente scritto un manuale. Sicuramente, credo che non possa essere un sentimento stabile, ma uno stato d’animo, una suggestione legata a un ricordo o a una prospettiva. È più semplice rendersi conto di essere stati felici o sperare di esserlo, che cogliere il momento esatto in cui lo siamo”, sostiene. Infine, parlando del suo amato cinema, Paolo Genovese spera che “non finisca mai”, nonostante il mercato stia virando sempre di più verso le piattaforme streaming, perché “oggi tutto è più frenetico (..) ed è importante il regalarsi due ore in cui ci si fa raccontare una storia“.