Fabio Rovazzi riflette sui social network
In una sua recente intervista rilasciata a La Stampa, il cantante Fabio Rovazzi ha riflettuto sul peso che i social network hanno nella sua vita e in quella delle nuove generazioni. Ne parla con una leggera diffidenza, sostenendo per esempio di non avere neppure più l’app di Facebook sul cellulare, ma anche di aver limitato le sue storie su Instagram e di utilizzare TikTok solo come spettatore. Eppure, lui, su quei social ci è nato, ci è diventato famoso e ci ha costruito una carriera.
“Abbiamo vissuto anni di grande Far West”, dal punto di vista dei social, sostiene Fabio Rovazzi, “sostanzialmente senza regole“. Ormai secondo il cantante c’è consapevolezza sulla risonanza dei social e dei dati che hanno deliberatamente collezionato e venduto per anni, e seppur “continueremo a sfruttare internet per connetterci, lo faremo in modo migliore”. La cosa più importante, spiega, è trovare “il modo corretto di usarli nella vita quotidiana”, ma ritiene anche che “per come li abbiamo conosciuti finora, i social spariranno“. Lo dimostra, secondo Fabio Rovazzi, il fatto che sempre più giovani e giovanissimi stiano abbandonando i social, “a parte TikTok”.
Fabio Rovazzi: “I social ti rubano la vita”
Secondo Fabio Rovazzi, insomma, i social network sono destinati a subire una profondissima revisione rispetto all’uso che le persone ne fanno, arrivando ad una nuova consapevolezza. Consapevolezza che le nuove generazioni sembrano avere, perché “sono più mature, sotto molti punti di vista, anche nella vita reale” e l’apparenza è che “sappiano meglio come comportarsi” anche sui social.
Il più grosso problema di come oggi concepiamo i social network, spiega ancora Fabio Rovazzi è “il meccanismo degli algoritmi” che richiede pubblicazioni costanti “per non perdere seguito”. “Questo ha due effetti se sei un content creator: abbassa pesantemente la qualità di quello che pubblichi e ti ruba la vita“, mentre gli utenti, spettatori, “vengono travolti da una quantità di materiale da guardare” con l’effetto simile di portargli via “un po’ di vita”. Un meccanismo che, secondo Fabio Rovazzi, “è deleterio” perché “i social devono essere un supporto alla vita sociale e non un peggioramento“. Dal conto suo, confessa, i social li ha sempre usati in un altro modo, “non ho mai pensato: posto cento video e uno funzionerà. Ho sempre fatto un video all’anno, puntando sulla qualità”.