Una donna al quinto mese di gravidanza di due gemelli è detenuta nel carcere di San Vittore, dove non c’è un ginecologo. Assieme a lei sono detenute altre 90 donne, eppure a San Vittore non è presente alcuno specialista. Ne dà notizia l’Associazione Antigone, che sottolinea come già a luglio scorso un’altra detenuta incinta del San Vittore ebbe un malore e, in assenza di un ginecologo, fu trasportata in ospedale dove perse il bambino. Una tragedia che a oggi non ha ancora trovato soluzione.
San Vittore a Milano “rappresenta un’anomalia in Italia – ha dichiarato Valeria Verdolini, presidente della sede lombarda di Antigone, che ha sollevato il caso di questa detenuta incinta e in attesa di giudizio – e continua a prevedere l’invio in carcere per donne in gravidanza, mettendo a rischio la loro salute e quella del bambino, proprio perché le strutture non sono adeguate per questo tipo di presa in carico”. Secondo un’ordinanza della Procura di Milano in vigore dal 30 maggio 2022, “è diventato obbligatorio l’ingresso in carcere per le donne incinta o con un bambino di un anno di età e per le quali è stato previsto un ordine di esecuzione di arresto“. Per emanare questa ordinanza, la Procura aveva revocato una circolare del 2016 dove si raccomandava di non eseguire questa tipologia di ordini di arresto, suscitando l’ira della Camera Penale.
Detenuta incinta a San Vittore: “ginecologo? Solo su appuntamento. Ma per emergenze…”
La donna incinta di due gemelli detenuta a San Vittore, carcere dove manca un ginecologo, “ha ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare presso l’Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri) ma la struttura a custodia attenuata non prevede una copertura sanitaria h24, e quindi si è proceduto alla collocazione presso la casa circondariale milanese, dove tuttavia, non è presente un ginecologo” ha illustrato Valeria Verdolini dell’Associazione Antigone. Verdolini denuncia quindi che a San Vittore “c’è disponibilità ma solo su appuntamento. E se sopraggiunge un’emergenza?“. Come avvenuto nel caso di questa donna, le forze dell’ordine sono attualmente “obbligate, in presenza di un ordine di esecuzione, ad accompagnare queste persone in carcere in attesa che il magistrato di sorveglianza prenda atto delle condizioni che ne impediscono la permanenza”.
L’Associazione Antigone invoca quindi una maggiore attenzione e una priorità della salute delle donne e dei bambini, chiedendo che si possa applicare la sospensiva sia per chi è in attesa di giudizio che per chi è in definitiva. In questo modo, la durata della pena resta la medesima, ma è possibile tutelare sia la madre sia il bambino.