I NUMERI DELLA CRISI DEMOGRAFICA: “CROLLO NASCITE IN UE, ITALIA E SPAGNA ULTIME”
Il tema della crisi demografica non diventa oggi un’emergenza ma sembra che ormai tutti gli attori internazionali – da Cina a Usa fino al nucleo del problema, l’Unione Europea – si siano finalmente (e tardivamente) accorti dei rischi all’orizzonte. In un lungo dossier apparso oggi sul “Sole 24 ore” a firma Michela Finizio e Riccardo Sorrentino si prova ad affrontare i numeri del crollo nascite in Europa, così come i tentativi e le ipotesi di “invertire la rotta” in vista del 2030. Ad oggi in Ue un cittadini su 3 abita in una regione che nell’ultimo decennio ha subito un calo drastico della popolazioni: migrazioni e interventi sul welfare fino ad oggi non hanno evitato l’impennata in giù della curva delle nascite nel continente sempre più “Vecchio”.
Eurostat stima, scrive il “Sole24”, che entro il 2030 nasceranno 190mila bambini in meno in Europa rispetto al 2020, anche se non tutte le nazioni chiuderanno il decennio in senso negativo: l’elaborazione del Sole 24 su dati Eurostat registra l’Italia tra i Paesi meno fecondi d’Europa, assieme a Spagna e Malta (meno di 1,3 figli per donna), ma Roma diventa peggiore dei 27 in Ue «se si prende in esame il tasso di natalità, che risulta il più basso nel 2021, pari a 6,8 nati ogni mille residenti contro una media europea di 9,1». Sono invece 9 i Paesi che sono riusciti al momento ad invertire la rotta del crollo nascite guardando al 2030: «l’Ungheria, che è passata da 1,25 a 1,59 figli per donna, e la Repubblica Ceca salita da 1,51 a 1,83. Quest’ultima ha raggiunto così il record detenuto storicamente dalla Francia, il cui dato però negli ultimi anni risulta in calo», scrive l’analisi del “Sole 24 ore”. La Germania ha visto crescere il numero di nascite con la fecondità media delle madri che sale a 1.58 figli per donna in tutto il Paese. Berlino insieme ad Austria e Ungheria sono gli unici tre Paesi dove nel 2021 si sono fatti più figli rispetto all’inizio dello scorso decennio. Non è però tutto oro quello che luccica anche nei Paesi con crescita delle nascite: ad esempio la Germania, dove l’ufficio federale di statistica tedesco ha rilevato un calo delle nascite ne 2022(-7% rispetto al 2021), anche se la popolazione continua a crescere «grazie all’immigrazione». A pesare, spiegano i dati del Sole, «è il calo della popolazione giovanile, ma anche gli effetti della pandemia: l’incertezza sociale ed economica ha spinto molte coppie a rimandare la decisione di mettere al mondo un figlio».
CROLLO NASCITE UE, COME INVERTIRE LA ROTTA: L’ANALISI DEL PROF. ROSINA
Secondo quanto emerge dalle considerazioni finali allo studio del “Sole 24 ore” sul crollo delle nascite in Ue, la sfida starebbe nel ritardare il più possibile “l’esplosione della bomba demografica” in modo da anticipare e possibilmente correggere le gravi carenze sul tema. In particolare, segnali positivi sembrano arrivare negli ultimi anni da Spagna e Portogallo che hanno investito molto nelle politiche familiari: lo stesso è stato fatto nelle ultime due Manovra sia del Governo Draghi sia soprattutto del Governo Meloni, con l’assegno unico potenziato e con un mese in più di congedo parentale retribuito all’80% (con anche allo studio l’ipotesi di un “quoziente familiare” nel sistema di prelievo fiscale, legge allo studio del Governo Meloni).
A corredo dei dati pubblicati dal “Sole 24 ore”, l’intervento del professore Alessandro Rosina prova a delineare i criteri su cui costruire il piano per invertire la rotta del crollo nascite in Italia e in Europa: «È evidente una chiara difficoltà dei Paesi occidentali a mantenere livelli di fecondità vicini alla soglia di rimpiazzo generazionale. Risulta, tuttavia, riconoscibile un gruppo di Paesi che meglio si avvicinano a tale obiettivo. Francia e Svezia sono i due casi più interessanti. Pur nella diversità dei due modelli di welfare, alla base c’è una continua attenzione alla conciliazione tra impegno lavorativo e responsabilità familiari», rileva il docente. Un secondo gruppo di Paese è invece prima sceso drasticamente nella curva della natalità e poi però ripresi in un secondo momento: «Vi rientra larga parte dell’Est Europa. L’esperienza di questi Paesi mostra che le misure nell’immediato più efficaci sono quelle che danno un segnale concreto e diretto di forte sostegno economico alle famiglie. Ma per ottenere risultati che poi rimangono solidi nel tempo oltre alla leva economica serve un rafforzamento continuo degli strumenti di conciliazione, rendendo i servizi per l’infanzia un diritto per tutti e i congedi fruibili da entrambi i genitori». Secondo il prof. Rosina gli effetti migliori sulle nascite sono quelli che si ottengono mixando le politiche familiari con la capacità parallela di attrarre-gestire i flussi migratori di persone in età lavorativa e riproduttiva: in questo senso il “laboratorio Germania” sembra convincere con dati importanti in vista dei prossimi anni. L’esempio dell’Italia invece resta nella terza fascia dei Paesi Ue, quelli con fecondità persistentemente bassa: «spirale di invecchiamento quantitativo e qualitativo tra le peggiori in Europa, che a sua volta vincola al ribasso le possibilità di sviluppo e benessere di tale area», conclude il professore lanciando un appello alla politica e alla nazione intera, «Se non riusciamo urgentemente a rompere tale spirale non potremo dare la colpa alla carenza di risorse, ma all’incapacità di mettere in campo un piano di azione efficace in cui le trasformazioni demografiche e il capitale umano dei giovani sono strategicamente e concretamente posti al centro delle politiche di sviluppo».