I proprietari di casa cominciano a cambiare idea e spingono per abbandonare la cedolare secca sugli affitti. La nuova rotta viene intrapresa soprattutto da coloro che hanno tentato di ottenere la detrazione IRPEF per i bonus edilizi. La colpa è tutta del blocco del mercato dei crediti d’imposta che, secondo le stime ISAT, i bonus casa incagliati fra le ruote della macchina fiscale valgono circa 15 miliardi di euro.
Affitti con cedolare secca: perché i proprietari potrebbero dire addio
Chi ha una capacità di assorbire i crediti approvati attraverso la quota di tasse da pagare, continuerà ad operare con canone concordato che resta imbattibile. Invece tutti gli altri proprietari di appartamenti cercheranno di aggiornare l’Irpef per poter ottenere la maggioranza delle detrazioni possibili, nel minor tempo possibile.
Se tratta di un problema molto serio perché se il trend comincia ad andare al rialzo, sarà quella è la direzione anche per il prezzo degli affitti nei prossimi anni. Parliamo soprattutto di affitti con un contratto lungo.
L’abbandono della tassa piatta, quindi la cedolare secca al 21%, può avvenire in qualsiasi annualità contrattuale.
Affitti con cedolare secca: effetto del blocco della cessione dei crediti
Inoltre tutte le persone che hanno deciso di adottare affitti con cedolare secca, in media la applicano a canoni di locazione che, annualmente, superano raramente i 6000 euro. Invece l’importo medio per il superbonus è di 598 mila euro per i condomini e di 113.000 per le villette. Si tratta dell’ultima stima dell’Enea che ha ricevuto le comunicazioni da parte di coloro che hanno richiesto l’agevolazione. Quindi soltanto chi ha fatto lavori agevolati dal 110%, potrà costituirsi una capienza fiscale passando dalla cedolare all’Irpef. Il problema resta anche per coloro che hanno ottenuto i bonus edilizi, ma non sono riusciti a farsi approvare la cessione del credito. A causa di ciò l’investimento è stato eccessivo e la necessità di aumentare i canoni di locazione relazioni fisiologica.
La variazione annua dell’indice ISTAT di dicembre che indica l’installazione al più 11,3%. Come indicato da Il Sole 24 Ore “l’alternativa si pone soltanto perché si trova cavallo del primo scaglione Irpef, quindi con redditi fino a 15000 euro e che applica la cedolare secca al 21% sul canone libero, mentre quella del 10% sui canoni concordati è per ora imbattibile”.