Non si può più fare a meno di un bilancio federale europeo, finanziato da eurobond, e di un Governo federale europeo per rispondere alle sfide globali. È quanto ci spiega Mario Baldasssari proprio nelle ore in cui il Consiglio europeo sta discutendo, tra gli altri temi, della risposta alll’Inflation reduction act (Ira) degli Stati Uniti. «E a proposito del piano Usa va fatta un’importante precisazione», evidenzia l’ex viceministro dell’Economia e presidente del Centro Studi EconomiaReale di Roma e dell’ISTAO di Ancona.
Quale?
Si tratta di un piano del bilancio federale degli Stati Uniti, voluto dall’Amministrazione Biden, che in Europa viene stigmatizzato con grande ipocrisia come un insieme di aiuti di Stato concessi da Washington. È un qualcosa che ricorda la parabola evangelica in cui Gesù dice: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”.
Perché l’accusa europea è ipocrita?
L’Europa sta vivendo una crisi energetica, che investe famiglie e imprese, determinata dalla sua scelta di indicizzare il prezzo del gas, che incide poi su quello dell’elettricità, al TTF di Amsterdam, un mercato virtuale, speculativo a cui non corrispondono quantità effettive di materia prima, se non in maniera irrisoria. Ricordiamo che fino a gennaio 2021 il TTF era praticamente fermo a 20 euro/MWh, improvvisamente nel dicembre dello stesso anno è balzato a 120 euro MW/h. Quindi, ancora prima dell’invasione russa dell’Ucraina, c’era stato un aumento del 600%. L’anno scorso, poi, si è arrivati a un picco superiore al 1000%.
Oggi, però, siamo fortunatamente intorno ai 50-60 euro MW/h.
Vero, ma corrisponde a un +300% rispetto al prezzo di due anni fa. Dovrebbero bastarci queste forti oscillazioni in un arco così breve di tempo a capire che un mercato come quello del TTF non può avere un peso così determinante nelle bollette delle famiglie e delle imprese. È come se la Bce avesse indicizzato l’euro al Bitcoin!
Quale potrebbe essere l’alternativa?
Esiste il prezzo del gas all’importazione, basato sulle dichiarazioni doganali. Giusto per fare un paragone, in questo caso il picco ha raggiunto al massimo il 70%. Tra l’altro questi dati che le sto citando erano stati riferiti dall’allora ministro Cingolani in Parlamento l’anno scorso. Se si fosse deciso di prendere questo prezzo come riferimento per le bollette non avremmo avuto la crisi energetica e l’Europa non avrebbe dovuto consentire il varo di sussidi per sostenere famiglie e imprese, complessivamente qualcosa come 400 miliardi di euro, che alla fine sono andati a gonfiare i profitti delle aziende del settore energetico. Per questo dico che l’Europa è ipocrita quando critica gli Usa sugli aiuti di Stato: ha fatto la stessa cosa prima e in misura maggiore, oltretutto favorendo solo l’industria energetica.
Al Consiglio europeo, tra le altre cose, si sta discutendo di come rispondere all’Ira. E sembra stia prevalendo la linea che vuole allentare le regole relative agli aiuti di Stato. Cosa ne pensa?
Il dibattito in corso in Europa è francamente disarmante, perché dopo il Covid e la crisi energetica sembra non si sia capito che la risposta non può che essere europea e non può consistere nel lasciare che i singoli Paesi abbiano maggior flessibilità sugli aiuti Stato, cosa che inevitabilmente comporta che possano essere erogati da chi ha i conti in ordine, penalizzando chi ha un debito pubblico elevato, con il rischio che si spacchi il mercato unico. Occorre un fondo sovrano europeo finalizzato a una politica industriale europea che miri all’innovazione tecnologica, alla decarbonizzazione, alla diversificazione delle fonti energetiche, ecc.
Non è che l’obiettivo di Paesi come la Germania è proprio trarre vantaggio sui partner Ue attraverso gli aiuti di Stato che, a differenza di altri, può finanziare?
È così e significa non aver capito che nella globalizzazione, e soprattutto nei rapporti Stati Uniti-Europa, o c’è l’Europa in quanto tale oppure neanche la potente Germania da sola potrà concludere qualcosa. Questo è il momento per fare in modo che il Next Generation Eu diventi strutturale e permanente, senza però erogare risorse ai singoli Paesi per redigere i loro Pnrr, ma affidandone la guida a un ministro europeo delle politiche industriali ed energetiche.
Dunque le risorse andrebbero date alle imprese direttamente da Bruxelles?
Andrebbero date da un’entità europea, che dovrebbe occuparsi di dossier importanti. Solo per stare sul fronte energetico, occorre affrontare il tema dell’interconnessione tra Francia e Spagna o prendere atto che l’Italia è la piattaforma naturale sul Mediterraneo per essere il vero hub energetico per l’Europa, visto che dobbiamo spostare le forniture dalla Russia all’Africa.
Se questo fondo deve essere gestito da un’autorità europea, non c’è il rischio che sulle decisioni di finanziamento finiscano per pesare i rapporti di potenza già esistenti tra i diversi Paesi membri, privilegiandone qualcuno a scapito degli altri?
Non dobbiamo girare attorno a una questione chiave: occorrono un bilancio federale europeo, che sia almeno pari al 3-4% del Pil rispetto all’attuale 1,5% e al 25% degli Usa, e un Governo federale europeo con poche competenze, lasciando il resto ai Governi nazionali. Ovviamente servono anche titoli del debito sovrano europeo, come sono già stati emessi. Solo che anziché essere una tantum, devono diventare permanenti.
Sembra quasi utopico…
Per qualcuno è utopia, ma io la chiamo urgenza. Cos’altro deve succedere nel mondo perché l’Europa si renda conto di questa assoluta urgenza? Si potrebbe partire dai Paesi dell’Eurozona, visto che avendo una moneta unica non si capisce perché non debbano avere anche un bilancio federale da affiancare alla politica monetaria della Bce.
(Lorenzo Torrisi)
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