Qualche amico, dopo l’articolo in cui facevo una specie di confronto tra le vicende della Primavera di Praga e la crisi ucraina e dicevo dell’importanza del coinvolgimento del popolo nella risoluzione dei conflitti, mi ha domandato che fine ha fatto la gente di piazza Maidan.
La prima risposta, immediata, è stata che ora stanno combattendo contro gli invasori della Federazione Russa.
Poi però, ripensandoci, ho ritenuto che quella prima risposta non fosse del tutto adeguata. In effetti di piazza Maidan non si sente più parlare. Qualche sospetto, per la verità, mi era venuto guardando la fiction trasmessa da La7 sull’elezione di Zelensky a presidente. Lui stesso si presentava come servitore del popolo, suo difensore contro la corruzione, campione della libertà di pensiero, al quale, per questo, si potevano anche perdonare certe debolezze umane.
Confesso che non ho visto tutte le puntate della fiction, ma non ricordo che fosse anche solo citato il Maidan.
Il popolo ucraino appariva al più come un gruppetto di persone pronte a sostenere o a contestare il presidente a seconda dei loro interessi. I protagonisti della storia erano altri, buoni o cattivi, chi aveva occupato da tempo il palazzo o chi ne era diventato da poco un inquilino.
Sappiamo che la folla del Maidan, nonostante la dura repressione della polizia ucraina, riuscì a far dimettere Janukovich, che era stato eletto da quello stesso popolo che poco dopo diede una larghissima maggioranza a Zelensky. Non ricordo che di lui si parlasse al tempo del Maidan, ma piuttosto che seppe convogliare su di sé il malcontento popolare, oltre che l’appoggio dell’Occidente.
In effetti prima dell’invasione russa, soprattutto in alcune aree dell’Ucraina, non tutti si riconoscevano come sostenitori del nuovo governo. Una minoranza, è vero; ma non una minoranza di poco conto.
La mia domanda ora è questa: dopo la cacciata di Janukovich si tentò in qualche modo un processo di unità nazionale, un compromesso, tipo quello che si fece in Italia dopo la seconda guerra mondiale tra democristiani e social-comunisti, che pur restando rivali acerrimi non arrivarono mai, grazie a Dio, ad una nuova guerra civile?
Da piccolo uomo di strada, che d’altra parte ne ha fatta molta tra le steppe dell’Unione Sovietica, mi piacerebbe avere una risposta. Forse anche questa potrebbe essere un elemento, sia pure un pezzettino, di un eventuale piano di pace.
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