Il Reddito di Cittadinanza italiano è finito nel mirino dell’Ue, secondo cui la misura non sarebbe in linea con il suo diritto. Questa è la ragione per la quale la Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen, ha inteso avviare una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, con annessa lettera di messa in mora perché “il regime di reddito minimo non è in linea con il diritto Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti di lungo periodo e protezione internazionale”.
In buona sostanza, l’Unione europea contesta uno dei requisiti previsti per l’ottenimento del Reddito di Cittadinanza in Italia: avere risieduto per 10 anni nello Stivale, di cui due consecutivi. Esso, secondo la Commissione Ue, è un paletto discriminatorio, pur se indiretto, in quanto “è più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio”. Non solo: proprio il discorso collegato alla residenza nel nostro Paese potrebbe indurre i nostri connazionali a evitare di trasferirsi all’estero per ragioni lavorative, poiché, al loro rientro, perderebbero il diritto al reddito minimo.
REDDITO DI CITTADINANZA, L’UE BACCHETTA L’ITALIA: LETTERA DI MESSA IN MORA AL NOSTRO PAESE
Come si legge sul “Corriere della Sera”, adesso l’Italia dispone di 60 giorni di tempo per rispondere in via ufficiale alle osservazioni effettuate dalla Commissione europea, la quale spiega che “ai sensi del Regolamento 2011/492 e della Direttiva 2004/38/CE, le prestazioni sociali come il Reddito di Cittadinanza dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori dipendenti, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza. Anche i cittadini dell’Ue che non lavorano per altri motivi dovrebbero essere ammessi al beneficio, con l’unica condizione di risiedere legalmente in Italia da più di tre mesi”.
Secondo l’Unione europea, peraltro, anche i residenti di lungo periodo extracomunitari dovrebbero avere libero accesso a questo beneficio: “Il regime italiano di reddito minimo discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non hanno diritto a questo beneficio, in violazione della direttiva 2011/95/UE”.