Quasi a voler ingannare l’attesa per il dato sull’inflazione Usa, ennesimo flip-flop generatore di squeezes, Ford ha annunciato che taglierà circa 3.800 posti di lavoro in Europa nei prossimi 3 anni, la gran parte in Germania e Regno Unito. La cura dimagrante si concentrerà sulle posizioni amministrative e sulla divisione che si occupa dello sviluppo delle vetture nel Vecchio continente: insomma, salteranno soprattutto ingegneri, stante lo spostamento dell’asse dello sviluppo verso la tecnologia elettrica e gli Stati Uniti. In tal senso, appare interessante quanto dichiarato da Luca De Meo, Ceo del gruppo Renault e nuovo presidente dell’Acea, in una lettera aperta alle autorità politiche europee: in soldoni e riassumendo, l’Euro7 porterà a fabbriche chiuse.
Ora date un’occhiata al grafico. Ci mostra come in passato l’abuso del termine soft landing all’interno di articoli pubblicati da Bloomberg abbia raggiunto livelli decisamente superiori a quelli attuali. In compenso, c’è un minimo comune denominatore: il tonfo successivo. Nel primo caso, la bolla dotcom. Nel secondo, la Grande Crisi Finanziaria. Eppure, stando ai media che riportavano il parere di analisti, economisti, controllori e politici, tutto era tranquillo. Soft landing, nessuna turbolenza, nessuno scossone in pista. Nessun pericolo.
Tutti incompetenti? No, tutti furbi. O, disperati, fate voi. Il 90% di chi prospettava un epilogo positivo o non traumatico sapeva benissimo di mentire. Ma occorreva mantenere calma la situazione. Perché un accidente sarebbe arrivato con il suo rombo di tuono a squassare il torpore, addossandosi implicitamente ogni responsabilità. Chi poteva attendersi che la bolla tech scoppiasse in quel modo? Ancora di più, chi poteva pensare che Lehman Brothers fallisse? E oggi, quale sarà il detonatore? Da dove partirà la scintilla che darà fuoco alla miccia? Perché la conventio ad excludendum sul rischio recessivo che sta unendo ogni singola entità con un minimo di contatto con il mercato e l’economia reale, ci dice che in realtà la recessione è già in atto. Ce lo conferma Ford. La quale sta agendo da avanguardista. Dopo il diluvio di licenziamenti tech, dagli Usa arriva il salto di qualità: la carne viva, l’automotive. Ma con una novità: dove sta veramente la ciccia, si taglia prima lontano da casa.
Cosa ci dice tutto questo? E cosa ci dice quell’allarme del Ceo di Renault e dei costruttori di auto europei? Davvero pensiamo che tutto si sia risolto con l’incontro fra Joe Biden da un lato e il duo Macron-Scholz dall’altro? Davvero pensiamo che Bruxelles riesca a contrastare efficacemente il dumping statunitense muovendosi con colpevole e ferale ritardo? Senza contare la concorrenza cinese, la quale proprio sull’elettrico rappresenta ormai un elemento di criticità imprescindibile.
Nell’attesa di scoprire quale sarà il detonatore della nuova crisi out of the blue che manderà in soffitta la narrativa del soft landing, cosa fa l’Italia per tutelarsi? Mistero. D’altronde, ormai siamo abituati a tutto. Persino a prendere per buone derive turche nella lettura dei dati macro in quella che resta formalmente la più grande e potente economia mondiale. Ad esempio, il fatto che la curva 2-10 dei Treasuries abbia toccato qualcosa come -86.148 di inversione, livello che non si riscontrava dal 1981, è ormai assolutamente a suo agio con una narrativa di economia solida e forte. Anzi, addirittura di soft landing, appunto. Bye bye recessione. Nonostante la Fed, la guerra, l’inflazione. Poi, però, ecco quei maledetti dati disaggregati. Guastafeste per antonomasia. Ad esempio, quello contenuto nel grafico.
La componente abitativa (shelter) all’interno del dato CPI pubblicato martedì negli Stati Uniti, infatti, ha segnato il maggior incremento a 2 mesi degli ultimi 33 anni. Guarda caso, nel medesimo giorno in cui emergeva questa poco confortante dinamica per qualche milione di americani, ecco che il New York Post svelava come l’Amministrazione Biden abbia appena dato via libera a un’espansione senza precedenti del welfare. I centri per i servizi legati a Medicare e Medicaid hanno infatti ottenuto via libera per lo stanziamento di fondi con finalità sanitarie per altri onnicomprensivi health-related social needs. Di fatto, cibo e affitti. Ma anche interventi di manutenzione degli appartamenti e necessità legate ai trasporti. Insomma, l’America che festeggia rallies azionari e si dice certa di aver evitato la recessione attraverso un soft landing ormai innescato, vede la Casa Bianca costretta a espandere in maniera surrettizia il regime di welfare, ampliando negli ambiti di intervento la riforma sanitaria voluta da Barack Obama.
Ma attenzione. Perché al netto di fondi Medicare e Medicaid che già non presentavano vincoli di utilizzo, gli Stati sono assolutamente incentivati ad ampliare quei nuovi ambiti di spesa a cibo, affitti, abiti e altre necessità non strettamente legate a patologie e assistenza. Poiché contribuiscono soltanto per un terzo dell’esborso. E spostando sotto l’ombrello sanitario quegli interventi possono evitare di erogare direttamente sussidi che, invece, graverebbero al 100% su denaro delle varie amministrazioni locali. Il rischio? Una toppa peggiore del buco.
Nel Paese delle assicurazioni sanitarie obbligatorie e carissime, in piena emergenza post e long-Covid, ecco che l’impossibilità di operare un doping salariale come quello garantito per 18 mesi dalla pandemia costringe ad acrobazie simili, di fatto distorsioni mascherate che sottendono un’unica realtà. Quella di una società che ha visto risparmi privati crollare a zero e indebitamento personale tornare a salire alle stelle, il tutto in un quadro di costo del denaro e condizioni finanziarie che per famiglie e imprese sono già da recessione conclamata. Eppure, la parola d’ordine resta soft landing. Nel frattempo, volano palloni cinesi e Ufo nel cielo, tanto per tenere occupata la gente. Ora, poi, warmongering all’ennesima potenza nel Baltico. Forse anche l’Europa si prepara a dover distrarre i propri cittadini/contribuenti, stante l’imminente scoppio della bolla narrativa di una recessione ormai evitata?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.