La ministra del Turismo Daniela Santanchè non ha dubbi: “Il 2023 sarà l’anno del sorpasso sul 2019 per quanto riguarda i dati registrati dal settore turistico. Forti indizi arrivano dal Carnevale: le ultime ricerche indicano un flusso di 4,4 milioni di viaggiatori che si sposteranno tra il 15 e il 21 febbraio, scegliendo un turismo interno nel 50% dei casi. Si stima una spesa complessiva di quasi 3 miliardi di euro. Cifre importanti, che potrebbero addirittura essere superate se prendiamo in considerazione i quasi 2 milioni di italiani ancora indecisi ma propensi a concedersi un viaggio in occasione di una delle ricorrenze più caratteristiche della nostra nazione. Le manifestazioni e gli eventi legati alle tradizioni del Carnevale non solo aiutano a mantenere vive le nostre radici e rafforzare la nostra identità, ma sono elementi strategici anche per destagionalizzare il turismo”.
Il Carnevale si festeggia un po’ ovunque, ma è noto che Venezia viaggi con una marcia in più, senza carri allegorici, ovviamente, ma coniugando la location unica al mondo con la tradizione delle maschere storiche. Il Carnevale vive dal 5 al 21 febbraio, martedì grasso, e proprio oggi ha il suo clou del giovedì grassissimo. Ma già domenica scorsa Venezia è stata presa d’assalto da quasi 100 mila turisti (più della metà stranieri), sotto un sole quasi primaverile, tra rii e canali in paurosa secca e una piazza San Marco sfregiata da cantieri perenni. Superaffollati ristoranti, bar, pasticcerie e bacari (le osterie), con la soddisfazione di titolari e gestori, che però si ritrovano a fare i conti con un problema che si sta trascinando ormai da un paio d’anni: la carenza di personale. Si stanno tentando più strade per dare più attrattività alle imprese (ad esempio, a Jesolo, un hotel s’è trasformato in foresteria, per ospitare lavoratori stagionali), ma ancora senza successo.
Confindustria Veneto Est ha appena diffuso dati preoccupanti: sarebbero 133 mila 670 le assunzioni previste dalle imprese in Veneto per il primo trimestre del 2023 (dalle 24.360 di Venezia alle 5.060 di Rovigo, 23.340 Padova, 22.740 Treviso), 10.670 in più rispetto allo stesso periodo 2022 (+8,7%), con domande di lavoro rivolte per un terzo a giovani under 29. Ma una su due (49,7%) rischia di rimanere vacante, 5 punti percentuali in più del 2022, per mancanza di profili o competenze inadeguate. Un mismatch che continua a riguardare i laureati, dagli economisti agli ingegneri, dal personale medico-sanitario ai matematici, dagli informatici ai filosofi: sono 7.220 quelli richiesti dalle imprese in Veneto nel solo mese di gennaio, il 52,1% di difficile reperimento, con punte del 65,9% per ingegneri elettronici e informatici. Ma riguarda anche i diplomati ITS, soprattutto in ambito meccatronico, digitale, efficienza energetica, sostenibilità, moda, con 710 diplomati ricercati dalle imprese nel mese di gennaio, più della metà introvabili. Per non parlare, ovviamente, delle carenze gigantesche nel settore Horeca (hotellerie-restaurant-café) o nell’artigianato (settore prevalente delle pasticcerie): un’elaborazione Flash (“La difficoltà di reperimento di personale nelle MPI”) della rappresentanza di categoria afferma che le imprese artigiane mostrano quote più elevate di entrate difficili da reperire nelle regioni Trentino-Alto Adige (57,1%), Friuli-Venezia Giulia (56,4%), Veneto (55,1%) e Umbria (54,1%).
Nell’ospitalità e nella ristorazione il difficile recruiting del personale vede in gioco più fattori: il poco appeal di mestieri a modesto reddito e molto impegno, la mancanza di prospettive di crescita, la crisi di vocazioni (gli istituti alberghieri, ad esempio, stanno vivendo annate in decrescita). Le risposte a questi gap sono ben note (formazione, rispetto, motivazioni, trattamenti economici adeguati), ma probabilmente sarebbe arrivato il momento di considerare anche le contrattazioni di secondo livello, o quelle territoriali, a integrazione del Ccnl di settore. Come s’è fatto a Riva del Garda, dove (alla Fiera dell’ospitalità) è stato appena presentato il contratto provinciale del turismo. Si tratta, appunto, di un accordo integrativo, raggiunto dopo un confronto quasi ventennale, che riguarda 35 mila addetti tra stagionali e fissi che operano nel settore ricettivo in Trentino.
Per loro, a partire da gennaio, è scattato un aumento in busta paga di 50 euro lordi mensili oltre alla copertura sanitaria integrativa. È stata triplicata anche la percentuale di versamento per la previdenza complementare, rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale. Non sarà questa, forse, la panacea risolutiva della crisi, ma è sicuramente un primo passo.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.