Giorgia Meloni tra il possibile viaggio a Kiev e la rinuncia alla partecipazione alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Si parla di influenza per la presidente del Consiglio, ma la coincidenza tra i due appuntamenti potrebbe anche far pensare che non andrà in Germania perché avrà un impegno in Ucraina. Sta di fatto che la guerra continua a tenere banco nel dibattito tra i Governi dell’Unione Europea. Tutto questo mentre sul fronte si attende un’offensiva russa che nei fatti è già in atto, tanto da permettere a Mosca, anche se molto lentamente, di strappare qualche porzione di territorio all’Ucraina.
“Per sapere cosa succederà e farsi un’idea maggiormente precisa – spiega il generale Giuseppe Morabito, diverse missioni all’estero al suo attivo, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation – bisognerà aspettare la dichiarazione di Putin del 21 febbraio alla nazione”. Intanto però i combattimenti continuano.
Generale, è atteso da tempo il viaggio della Meloni a Kiev entro l’anniversario del primo anno di guerra: che significato ricopre questa visita?
Per motivi di sicurezza il viaggio non viene comunicato fino a quando non è avvenuta la partenza o l’arrivo a Kiev. È principalmente un importante segno di vicinanza agli ucraini, ma è opportuno anche sul piano interno, perché spegne in via definitiva tutte le voci e le incomprensioni in seguito alle dichiarazioni di Berlusconi, e mi auguro chiuda definitivamente le discussioni che si sono aperte contro la maggioranza.
La presidente del Consiglio ha annunciato che non andrà alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza che si terrà sabato per parlare della guerra in Ucraina, sembra per motivi di salute, per un’influenza. Ma quanto è importante questo appuntamento dal punto di vista politico e strategico?
Se ha valutato di non andare va bene così. Tutte le conferenze che vengono fatte per parlare di Ucraina sono importanti, soprattutto questa che è nell’imminenza del primo anniversario della guerra. Se il Presidente Meloni non può andare personalmente potrebbe mandare un valido rappresentante, come il ministro degli Esteri, della Difesa o un viceministro.
Sul fronte militare si continua a parlare della richiesta di F16 da parte di Zelensky; i tedeschi, che a fine gennaio con il ministro Pistorius negavano la possibilità di concedere i jet, adesso dicono che se ne può parlare e Biden sembra orientato a concederli. Perché si torna sempre su questo punto?
Mandarli senza avere un pilota esperto è come non mandarli. Se mandi degli aerei ci vogliono tempi lunghi perché il pilota ucraino deve fare il “passaggio macchina”, deve fare un addestramento al volo su un aereo che funziona diversamente da quelli che ha usato finora. L’F16 è completamente diverso dai velivoli da combattimento che hanno guidato i piloti ucraini fino ad ora.
Comunque, se ne continua a parlare e non si prende una decisione, perché?
Di concreto non c’è niente perché “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Il problema è che dal momento che lo decidono non è che viene inviato l’aereo e come per un carro armato si fa addestramento sul posto. Per l’aereo devi fare ore e ore di volo, altrimenti appena vai in volo operativo si rischia che il costoso velivolo venga abbattuto.
Insomma, ci vogliono dei mesi per averli a disposizione?
Un intervento di tale valenza presuppone una decisione ponderata. Se poi è presa deve essere fattibile: ci vogliono le piste in Ucraina, bisogna aggiornare il sistema di comando e controllo per gli specifici aerei multiruolo. Teniamo presente che l’F16 ha la capacità di colpire il territorio russo. Quando ha un pilota addestrato un caccia multiruolo può sviluppare diverse tipologie di operazioni, anche offensive.
Si continua a parlare di una imminente offensiva russa in grande stile: è già partita? E se no, quando ci sarà presumibilmente?
Le forze armate russe stanno conducendo un’offensiva, non importante ma la stanno portando avanti lentamente e guadagnano terreno. Ripeto, lentamente, ma stanno avanzando. Dove sta producendo lo sforzo principale la Russia sta guadagnando terreno. Hanno detto che ci vorranno dei mesi per arrivare in tutto il Donbass, può darsi che sia un’offensiva che prevede un’operazione di avanzamento lento per avere meno perdite. E comunque gli scambi di artiglieria in questi giorni si sono intensificati.
L’attivismo di Zelensky che chiede armi tutti i giorni significa che gli ucraini sono un po’ in difficoltà?
Chiede armi tutti i giorni anche per una forma di deterrenza verso la Russia. Se vengono concesse potrebbero cambiare il corso della guerra o quantomeno potrebbero fermare la lenta offensiva e quindi far perdere a Kiev meno territorio possibile. Se chiedi armi vuoi combattere e questo contrasta chi vorrebbe una tregua, un cessate il fuoco. Sì, comunque, potrebbe essere interpretato come un segnale che gli ucraini sono in difficoltà. È ormai noto che il numero di munizioni di artiglieria utilizzate ogni giorno dagli ucraini è superiore alle capacità di produzione dei Paesi della Nato. È comprensibilissimo e a mio parere giusto che gli ucraini continuino a chiederne.
Come si può evolvere la situazione sul campo?
Tutto è legato alla disponibilità di personale addestrato e armamenti. Non si conoscono esattamente le condizioni in cui si trovano le forze russe, ma è evidente che gli ucraini sono sotto pressione da un anno. E non hanno 500mila riservisti! Non si può valutare quanti armamenti, in termine tecnico quale “capacità operativa” residua, hanno i russi, quanti aiuti arrivano o potrebbero arrivare dalla Cina Popolare o dalla Bielorussia, dall’Iran o dai Paesi africani nella sfera ex sovietica.
(Paolo Rossetti)
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