Raffaele Sollecito, uomo a lungo al centro delle indagini per l’omicidio di Meredith Kercher assieme alla sua fidanzata dell’epoca, Amanda Knox, ha rilasciato un’intervista alla rivista Giallo, parlando della sua vita dopo la condanna e l’assoluzione. “Nonostante sia stato assolto per l’omicidio”, racconta, “su di me è stato lasciato un alone. E la colpa è prima di tutto di chi ha fatto le indagini e dei magistrati che hanno sbagliato”.
Secondo Sollecito, insomma, con la prima condanna la sua vita sarebbe irrimediabilmente cambiata, nonostante sia stato poi assolto in secondo grado. Una colpa che ricade sui giudici e sui pm, ma anche sulle autorità “che mi hanno fatto un danno ma non hanno mai nemmeno provato a riparare l’errore”. L’assoluzione, infatti, secondo l’ingegnere pugliese che oggi ha 38 anni, avrebbe chiuso il capitolo tribunale, per lui, “ma il problema è che non c’è mai stata una riparazione, nemmeno un tentativo”. Insomma, “quegli anni non me li restituirà nessuno“, continua Sollecito ai microfoni di Giallo, “però il danno è stato fatto da funzionari dello Stato che hanno sbagliato”.
Raffaele Sollecito e il risarcimento
Nel corso di questi anni che sono passati dall’omicidio di Meredith Kercher, prima, dai processi e dall’assoluzione, poi, Raffaele Sollecito non è stato con le mani in mano per far valere la sua versione. Avrebbe chiesto un risarcimento da 500mila euro, applicabile grazie alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati. La corte, però, avrebbe negato i soldi all’ingegnere, sostenendo che la norma è stata varata nel 2015 senza retroattività.
“Sostengono”, spiega Sollecito a Giallo, “che i giudici che mi avevano condannato inizialmente non sapevano di poter essere soggetti a risarcimenti, quindi quella legge non sarebbe applicabile nei loro confronti. A me non interessa”, sostiene. “Io da cittadino che ha subìto un errore ed è stato stato assolto mi rivolgo allo Stato. È lo Stato che dovrà valutare l’operato dei magistrati dell’epoca ed eventualmente decidere se rivalersi o meno su di loro”, spiega ancora Raffaele Sollecito citando anche precedenti della Corte di Cassazione che gli darebbero ragione. “A me interessa che mi riconoscano quello che ho patito, perché hanno devastato me e la mia famiglia e nessuno ci ha ancora chiesto scusa“, conclude.