E’ stato rivisto l’elenco degli stati presenti in grey list, spostando alcuni di questi nella black list: Isole Vergini britanniche, Costa Rica, isole Marshall e Federazione Russa. Adesso la Russia è nemica numero uno dell’Italia anche a livello fiscale: Ma cosa significa tutto questo?
Russia in black list UE: la Russia in lista nera rischia di creare malcontento?
I territori e gli stati non cooperativi ai fini fiscali sono stati rivisti con il documento numero 6121/23 del 14 febbraio scorso. Da adesso anche la Russia è in black list per volontà dell’Unione Europea che aggiorna circa due volte l’anno gli elenchi dei paesi fiscalmente nemici.
Nella black list sono comunque rimasti tutti gli stati che erano già presenti in precedenza: Isole Samoa americane, Anguilla, Bahamas, Fiji, Guam, Palau, Panama, Samoa, Trinidad, Tobago, isole Turks, isole Caicos, Isole Vergini degli Stati Uniti, Vanuatu.
A queste sono state aggiunte la federazione Russa, le isole Marshall, Costa Rica, Isole Vergini britanniche, che in precedenza erano presenti nella gray list.
Questa modifica assume un particolare rilievo per quanto concerne la disciplina sulla deducibilità dei costi ai sensi dell’articolo 110 del Tuir, commi da 9 bis a 9 quinquies.
Russia in black list UE: l’elenco dei paesi in lista nera
Questo è stato il reintrodotto con la legge di stabilità 2023, dopo la precedente abrogazione del 2016. Gli elenchi vengono periodicamente rivisti dall’Unione Europea. L’unica nazione che poteva vantare un numero cospicuo di transazioni da parte delle imprese italiane era sicuramente Panama, ma con la Federazione Russa lo scenario è drasticamente cambiato anche perché, fino a questo momento o meglio, fino a poco prima del conflitto in Ucraina, gli scambi commerciali tra Russia ed Unione Europea erano all’ordine del giorno tra i paesi in lista grigia invece rientrano anche di paesi geopoliticamente importanti anche per causa dei loro rapporti con l’Unione Europea, come Hong Kong, Malesia, Israele, Thailandia, Vietnam e Turchia.
Le imprese che dovessero avere scambi commerciali con uno dei paesi in blacklist non potranno rendere deducibili i costi sostenuti. Ma se la black list dovesse allargarsi, le risultanze probatorie necessarie a corroborare la deducibilità dei costi andrebbe comunque sicuramente ad aumentare.
Occorre precisare che nell’ipotesi di transazioni di intercompany oppure di multinazionali, queste non hanno alcun rilievo in quanto i costi blacklist prescindono dall’esistenza dei rapporti partecipativi dall’inclusione all’interno di gruppi multinazionali.