Lo spettro dell’impunità aleggia intorno alla posizione di Shabbar Abbas, il padre di Saman accusato dell’omicidio della 18enne e sotto accusa in Italia. L’uomo è chiamato a processo a Reggio Emilia, imputato del delitto con altri quattro parenti tra cui la moglie ancora latitante, Nazia Shaheen, ma potrebbe essere rilasciato su cauzione se l’istanza del suo difensore, in Pakistan, sarà accolta.
I tempi per una eventuale estradizione del padre di Saman, chiesta dalle autorità italiane, stringono e tutto ora si concentra su una data: 9 marzo. Sarebbe questo il giorno stabilito dal giudice del tribunale pakistano, chiamato a decidere sulla posizione di Shabbar Abbas, poche ore fa all’esito dell’ennesimo rinvio. Ma c’è un’altra incognita che grava come una scure sulla sorte giudiziaria del padre della 18enne uccisa a Novellara: il 2 marzo, quindi prima dell’udienza sulla eventuale estradizione, sarebbe fissato il termine per sciogliere la riserva sull’istanza di rilascio presentata dall’avvocato dell’uomo. È quanto appreso dall’Ansa, mentre il padre di Saman continua a dirsi estraneo alla morte della figlia e invita lo Stato italiano a cercare “il vero assassino“.
La battaglia del padre di Saman per non tornare in Italia
La battaglia del padre di Saman Abbas, Shabbar, per non tornare in Italia – tra i cinque imputati, a vario titolo, di omicidio, occultamento di cadavere e sequestro di persona chiamati alla sbarra per la morte della 18enne – continua a colpi di rinvii. A Islamabad, proprio questa mattina, secondo quanto riferito dall’Ansa si sarebbe registrato l’ennesimo slittamento dell’udienza per decidere sulla sua estradizione, e la data del prossimo appuntamento in aula sarebbe quella del 9 marzo. Una settimana prima, il 2 marzo, sarà sciolta la riserva in merito alla richiesta di rilascio su cauzione avanzata dalla difesa.
Secondo quanto riportato dall’Ansa, ci sarebbe una ulteriore dilatazione dei tempi all’orizzonte: l’avvocato di Shabbar Abbas avrebbe chiesto di sentire due funzionari, uno del ministero dell’Interno pachistano e uno del ministero degli Esteri locale, per valutare la documentazione prodotta dall’Italia. Entrambi sarebbero stati citati proprio per il 9 marzo prossimo. Il padre di Saman era stato arrestato lo scorso novembre nel Punjab e, secondo la Procura di Reggio Emilia, avrebbe partecipato all’omicidio della figlia nell’ambito di un piano premeditato in famiglia. La 18enne si sarebbe opposta a un matrimonio combinato in Pakistan e per questo, ritengono gli inquirenti, sarebbe stata uccisa. Alla sbarra in Italia soltanto tre dei cinque imputati: Danish Hasnain, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, zio e cugini della vittima.