Le premature scomparse di Sinisa Mihajlovic e Gianluca Vialli hanno fatto scattare l’allarme sulla possibile correlazione tra calciatori e cancro, o meglio tra le sostanze assunte per migliorare le performance e il rischio di insorgenza di un tumore. Come evidenziato dagli esperti, senza troppi giri di parole si tratta di un falso allarme. Interpellato dal Corriere della Sera, il ricercatore in Oncologia Francesco Massari ha spiegato che si sa poco o nulla dei farmaci assunti in quegli anni, si è parlato solo di Micoren o simpamina: “Nel 1985 è stato eliminato dalla legge antidoping e ancora oggi si conosce poco sui suoi effetti a lungo termine, non c’è evidenza che sia cancerogeno”. Nel 1970, invece, per alcuni traumi veniva prescritta la roentgenterapia, poi dismessa perché faceva aumentare il rischio di neoplasie.
Nel corso del suo intervento, il ricercatore dell’Università degli Studi di Bologna ha sottolineato che ad oggi non disponiamo di dati ufficiali che possano indicare un aumento dell’incidenza dei tumori nei calciatori rispetto alla popolazione generale: “In teoria, i calciatori (come tutti gli atleti) sono sottoposti a regole e “buone pratiche” alimentari, del sonno, a viste mediche e controlli maggiori rispetto alla popolazione generale. Per esempio hanno una dieta tendenzialmente più ricca di anti-ossidanti, che sappiamo essere un fattore protettivo per lo sviluppo di tumori, che a questo punto addirittura potrebbero avere una più bassa incidenza”.
“Correlazione calciatori-cancro non è dimostrabile”
A differenza della SLA, non è possibile dimostrare una correlazione tra calciatori e rischio di insorgenza di tumore. Come rimarcato dal segretario nazionale dell’Aiom Massimo Di Maio, un italiano su tre si ammalerà di cancro nel corso della sua vita e le probabilità aumentano con l’avanzare dell’età. “Anche se i casi di personaggi famosi fanno molto più scalpore, considerando peraltro che spesso sono persone “salutiste” e in forma, non c’è modo di dimostrare che i numeri dei tumori in calciatori ed ex sono più elevati rispetto al resto della popolazione”, l’analisi dell’esperto: “Mancano gli studi, non ci sono statistiche. Siamo nel campo delle pure ipotesi. Gli sportivi, insomma, possono sviluppare un tumore come tutti”.