Aiuto! La Bce sta per fare crac, fallimento, bancarotta, trascinando in un vortice di perdite le banche centrali dell’eurozona. Colpa di Mario Draghi, della sua politica di allentamento monetario e della sua creatura: il Quantitative easing e la marea di titoli pubblici (allora per 5 mila miliardi di euro) che quel Qe ha fatto rastrellare alla Banca centrale europea.
Questo il “grido di dolore” che si levò quando dopo il 2007-09 si levò la prima crisi finanziaria di questo secolo e le autorità monetarie, innanzitutto quelle degli Stati Uniti, risposero allentando i freni (l’Europa arrivò più tardi nel 2012). Ora che da Quantitative easing (Qe) si sta passando a Quantitative tightening o Qt (una politica monetaria restrittiva) è bene fare un breve bilancio.
L’ultima spiaggia delle Banche centrali? Probabilmente no. Ma certo è una medicina per malattie gravi. Il Qe, chiamato anche Alleggerimento quantitativo, è uno strumento non convenzionale di politica monetaria espansiva utilizzato dalle Banche centrali. Viene messo in atto per stimolare la crescita economica, quella della produzione, dell’occupazione e dell’inflazione. E come supporto agli Stati che hanno difficoltà a sostenere e a rinnovare il proprio debito pubblico. È detto non convenzionale perché non rientra tra le misure tipiche di politica monetaria. E può avere effetti negativi.
Si può rappresentare la politica monetaria come un insieme di obiettivi, strumenti e corsi di azione. La politica monetaria ha lo scopo di orientare l’offerta di credito e i mercati finanziari verso i più generali obiettivi di politica economica. Che sono la crescita della produzione, la piena occupazione e un predeterminato livello di inflazione. La politica monetaria è parte della politica economica. La principale autorità di politica monetaria è la Banca centrale. In Europa è la Bce. Gli strumenti a sua disposizione sono i tassi di interesse e il controllo della quantità di moneta.
Per quanto riguarda la Bce, i tassi più importanti su cui opera sono il tasso di riferimento, il tasso overnight o di rifinanziamento marginale, e il tasso sui depositi.
– Tasso di riferimento: è il tasso al quale nella maggior parte delle operazioni previste la Bce fornisce liquidità alle banche, e che viene applicato anche ai depositi obbligatori che le banche devono mantenere presso la Bce.
– Tasso overnight, o di rifinanziamento marginale: tassi sui prestiti overnight (da estinguere entro il primo giorno lavorativo successivo) che la Bce fornisce alle banche.
– Tasso sui depositi: tasso sui depositi che le banche possono detenere presso la Banca centrale, sempre overnight.
I tassi Bce influenzano poi i tassi interbancari più importanti come l’Euribor, e attraverso di esso i tassi sui mutui.
La quantità di moneta presente nel sistema viene regolata tramite le operazioni di mercato aperto, e cioè l’acquisto e la vendita di titoli di stato. Acquistando titoli la Bce aumenta la moneta presente nel sistema; vendendone, la riduce. Le operazioni di mercato aperto sono considerate strumenti convenzionali. Ma anche con il Qe, la Bce aumenta la quantità di moneta in circolazione. La differenza del secondo rispetto ai primi è che nel secondo viene creata nuova moneta, mentre nelle operazioni convenzionali questo non accade.
La politica monetaria, ma anche quella economica, può essere utilizzata in senso espansivo, per far crescere l’economia. Ma può essere utilizzata anche in senso restrittivo, per farla rallentare. Le operazioni espansive sono caratterizzate dalla riduzione dei tassi di interesse e dall’aumento della quantità di moneta. Le operazioni restrittive si muovono in direzione opposta.
Ltro e Tltro, che hanno preceduto il Qe, sono operazioni di mercato aperto, e quindi non prevedono la creazione di moneta, ma possono essere visti come anticipazioni, non tecniche ma nelle intenzioni, e comunque passi verso un sempre maggiore impegno della Bce nel sostegno dell’economia europea, che fosse il debito pubblico o il settore privato.
Ltro ta per Long term refinancing operation: piano di rifinanziamento a lungo termine. Consiste in una “asta di liquidità” con cui la Bce concede prestiti alle banche che lo richiedono. I prestiti hanno una durata di tre anni, alla scadenza dei quali vanno restituiti. Il tasso sul prestito equivale alla media del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale calcolato nel periodo di durata dell’operazione stessa.
Ci sono stati due Ltro, uno nel 2011 e uno nel 2012. Lo scopo principale delle due operazioni era quello di sostenere il debito pubblico dei Paesi europei a seguito della crisi del debito sovrano. Dai titoli acquistabili erano esclusi quelli della Grecia. Buona parte dei finanziamenti ricevuti è stata però utilizzata dalle banche per riacquistare obbligazioni proprie e per ristrutturare il proprio capitale in vista delle nuove regole che l’Europa avrebbe imposto per consolidare il suo sistema creditizio.
Ma la stagnazione economica non dava segno di volersene andare. Così, nel giugno del 2014, la Bce ha messo in atto un ulteriore piano di rifinanziamento a lungo termine, questa volta chiamato Tltro La T sta per targeted. E il target era in questo caso il finanziamento dell’economia reale, e cioè il settore privato non finanziario. Se non prestati all’economia reale, almeno in una certa quota, i soldi andavano infatti restituiti in anticipo rispetto alle scadenze previste dal piano. La manovra si è ripetuta poi nel 2016, con la seconda Tltro e nel 2019-2020, con la terza Tltro.
I passi fondamentali che definiscono il Qe consistono nella creazione di moneta e nell’utilizzo di questa moneta per acquistare titoli finanziari dalle banche. Perché si possa parlare di Qe è necessario che nel processo ci sia creazione di moneta. Che poi sia creazione di moneta reale o solo come iscrizione contabile nei bilanci della Bce, le cose non cambiano. Nelle consuete operazioni di mercato aperto, invece, non vi è creazione di moneta. Nelle operazioni di Ltro la creazione di moneta è temporanea perché dopo massimo tre anni il denaro dato alle banche va restituito.
Tipicamente, in prima istanza, i titoli che vengono acquistati in una operazione di Qe sono quelli i di stato a breve scadenza. L’acquisto di titoli a breve scadenza non può propagarsi all’infinito. Così, nel caso in cui la prima fase del Qe non porti ai risultati desiderati, la Banca centrale può iniziare ad acquistare titoli a più lunga scadenza. Oltre all’acquisto di titoli di stato, le manovre di Qe possono comprendere anche l’acquisto di altre attività finanziarie delle banche, come crediti in sofferenza, o quote di società di capitali private.
Il primo effetto del Qe è alzare i prezzi dei titoli acquistati, ridurne il rendimento, e rifornire le banche di liquidità. La disponibilità di nuova liquidità potrebbe a questo punto rendere più facile per le banche elargire prestiti a imprese e famiglie. Nel caso in cui gli interessi bancari fossero in qualche modo legati all’andamento dei titoli acquistati dalla Bce, anche gli interessi bancari si ridurrebbero. I debiti delle famiglie e delle imprese si ridurrebbero in termini reali consentendo l’espansione dei consumi e degli investimenti.
Il sistema bancario è però solo una parte del sistema economico. Non è detto che il denaro che arriva alle banche nelle operazioni di Qe passi poi davvero all’economia reale. Le banche, infatti, potrebbero decidere di tenere quel denaro in depositi presso la Bce, depositi magari a basso o bassissimo rendimento, o addirittura negativo, ma del tutto privi di rischio. Mentre potrebbe essere rischioso prestare quel denaro, in particolare nei periodi di difficoltà economica. E se il denaro creato dal Qe non dovesse arrivare all’economia reale, gli effetti della manovra si ridurrebbero al solo alleggerimento dei debiti sul debito pubblico. Cosa non da poco, certo, ma solitamente inferiore alle attese che accompagnano questo tipo di manovra.
Come abbiamo visto in precedenza, un altro motivo per cui la Bce può decidere operazioni di Qe è il sostegno dell’inflazione. Oltre al fatto che la Banca centrale stessa può avere obiettivi statutari di inflazione, e cioè mantenere l’andamento dei prezzi su tassi di crescita ritenuti “sani”, uno dei pericoli che un’economia moderna deve evitare è la deflazione.
Con deflazione si intende la riduzione generalizzata dei prezzi. Se a prima vista può essere un fenomeno positivo, perché aumenta il potere d’acquisto della moneta nel breve periodo, sul medio e lungo periodo ha effetti recessivi. Sotto una certa soglia di prezzo, infatti, le imprese non riescono più a coprire i costi, e devono ridurre occupazione e investimenti. E questo, a sua volta, si tradurrà in ancora meno consumi e meno investimenti, portando l’economia in una fase recessiva. Aumentando la quantità di moneta presente nel sistema, uno degli effetti possibili è l’aumento dei prezzi. In questo modo il Qe può contrastare la deflazione.
La diminuzione del rendimento dei titoli di stato li rende meno appetibili e può spingere gli investitori a trasferire i propri investimenti al mercato azionario. A questi potrebbe aggiungersi ciò che della moneta iniettata nel sistema dal Qe non è andato in deposito presso la Bce e non si è trasformato in prestiti alle famiglie e alle imprese. Tutto questo può portare all’aumento delle quotazioni di borsa. Uno dei timori che accompagna le operazioni di Qe è che possano innescare bolle speculative che le banche centrali non sono poi in grado di controllare.
Il passaggio da Qe a Qt (che sta avvenendo simultaneamente in Ue, Usa, Gran Bretagna e Bacino del Pacifico) è una fase delicatissima perché comporta contemporaneamente riduzione dei deficit delle banche centrali in tutto il mondo. Quindi, da maneggiare con molta cura.
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