Accanto alla disastrosa guerra in corso in Ucraina stanno purtroppo aumentando in Europa le occasioni di conflitto armato, perfino all’interno della Nato per la ostile contrapposizione tra Turchia e Grecia.
Particolarmente pericolosa si presenta la questione del Kosovo e della sua minoranza serba, che potrebbe sfociare in uno scontro diretto con la Serbia, e su cui l’Unione Europea sta tentando una difficile mediazione. Un altro potenziale rischio di conflitto è dato dalla precaria situazione della Moldavia, altra “terra di frontiera” come l’Ucraina, e possibile nuovo fronte di scontro con la Russia.
L’attuale Repubblica di Moldavia, costituita sulla base della omonima repubblica dell’Unione Sovietica, è diventata indipendente nel 1991 a seguito della dissoluzione dell’Urss. Nello stesso periodo i separatisti russi della Transnistria, la fascia di territorio al di là del Dnestr confinante con l’Ucraina, hanno proclamato una loro repubblica indipendente, rifiutando l’unione con la Moldavia. Ne è seguita una breve guerra tra la Moldavia, appoggiata dalla Romania, e la Transnistria, sostenuta dalla Russia. Da allora, la repubblica separatista, ufficialmente non riconosciuta neppure dalla Russia, almeno finora, è rimasta di fatto indipendente. La Russia ha comunque mantenuto un limitato contingente militare sul territorio, fornendo appoggio anche economico ai separatisti.
La guerra in Ucraina ha riportato il problema della Transnistria alla ribalta, data la sua posizione geografica e i suoi rapporti con la Russia. Partendo dal suo territorio i russi potrebbero attaccare l’Ucraina da un altro lato e giungere via terra fino ad Odessa. Tuttavia, sarebbe un’operazione tutt’altro che facile e parrebbe più probabile l’ipotesi, avanzata dal generale Giuseppe Morabito sul Sussidiario, che Putin minacci un possibile intervento in Transnistria per obbligare Kyiv a mantenere consistenti truppe in quell’area. Mosca eviterebbe così una maggiore pressione ucraina sul difficile fronte del Donbass.
La Moldavia, uno dei Paesi europei più poveri, è appena uscita da una crisi di governo, con le dimissioni di Natalia Gavrilita, primo ministro da 18 mesi. Anche il suo successore, Dorin Recean, è espressione della maggioranza filoccidentale maggioritaria nel Parlamento e sostenitrice dell’adesione alla Ue, di cui la Moldavia ha dallo scorso anno lo status di candidato. La situazione economica è molto grave, con un’inflazione superiore al 30% e una contrazione del Pil, nel 2022, del 4,7%. La guerra in Ucraina ha giocato la sua parte, con l’esplodere dei costi dell’energia e il considerevole afflusso di rifugiati. Ciò ha portato alle recenti manifestazioni di protesta, organizzate da movimenti di opposizione e in particolare dal partito Shor filorusso, con scontri con la polizia e un tentativo di assalto al palazzo del governo.
Un ulteriore motivo di scontro con le opposizioni è l’approvazione di una legge che definisce la lingua ufficiale della Repubblica non più moldava, ma rumena. Oggettivamente, la lingua moldava si presenta come una variante del rumeno, ma nell’attuale situazione la decisione assume un preciso significato politico di avvicinamento all’Occidente, come è stato il passaggio a suo tempo all’alfabeto latino da quello cirillico imposto dai sovietici. È da tenere presente che una parte dei moldavi vorrebbe la unificazione con la Romania, avversata invece dai russi, e ucraini, che rappresentano una forte minoranza, concentrata nella citata Transnistria.
La presidente della Moldavia, Maia Sandu, ha accusato la Russia di fomentare i disordini per rovesciare il governo filo-occidentale e instaurare un governo filo-russo, facendo riferimento a quanto denunciato da Volodymyr Zelensky durante la sua visita al Parlamento Europeo. Maia Sandu ha anche affermato che il piano coinvolgeva anche la Bielorussia, la Serbia e il Montenegro. Scontata l’accusa alla Bielorussia alleata di Mosca, ma colpisce la denuncia degli altri due Paesi. Serbia e Montenegro hanno senza dubbio legami storici con la Russia, ma il Montenegro dal 2017 è membro della Nato e ha aderito alle sanzioni a Mosca per l’aggressione all’Ucraina, sia pure con molti contrasti al suo interno. Più forti ancora i legami della Serbia, ma il Paese è ormai avanti nel processo di adesione all’Unione Europea, processo in corso da più di 13 anni. Tuttavia, il citato problema del Kosovo porta la Serbia a essere, quantomeno, non contraria alla Russia.
La dichiarazione della presidente moldava, anticipata da Zelensky, rischia di estendere il conflitto ucraino ai Balcani, già instabili per loro conto. Sorge la domanda ormai divenuta abituale: Cui prodest? Non certo alla pace.
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