Il cantiere della riforma fiscale ha trovato ancora una volta il suo annuncio: 21 articoli e 24 mesi di tempo per cambiare tutto il fisco. Rimane il dubbio che l’annuncio non si concretizzi, visti gli insuccessi che hanno caratterizzato sino a oggi i tentativi di riformare il nostro sistema fiscale. In tema di Irpef la proposta in campo prevede tre aliquote e a regime dovrà tendere verso una flat tax (non necessariamente nella versione che già conosciamo), un tetto agli sconti fiscali legato al reddito imponibile personale, l’Ires che si sdoppia per riservare un’aliquota ridotta per chi (re)investe e l’Irap che si trasforma in una sovraimposta dell’Ires. Nell’annuncio manca la riforma del catasto, sempre osteggiata dal centrodestra.
Come la riforma realmente sarà implementata nel nostro sistema si saprà solo quando il Consiglio dei ministri proporrà in dettaglio gli interventi che poi il Parlamento dovrà approvare.
Inquadrato l’annuncio e in attesa dei dettagli si può senza dubbio osservare che la riduzione delle detrazioni può di certo liberare risorse, a patto che venga mantenuto il conflitto di interessi tra contribuenti. Solo la “conflittualità” potrà garantire che il gettito legato all’incentivo della detrazione (richiesta di fattura/scontrino all’esercente) non svanisca. Gli effetti negativi legati alla mancanza di conflitto di interessi tra contribuenti e imprese/professionisti sono noti. A titolo di esempio vale la pena ricordare come siano andati fuori controllo gli sconti fiscali in edilizia e la “generosa” (da non documentare neanche parzialmente) detrazione forfetaria dei costi per chi aderisce al regime attuale della flat tax. La mancanza di attenzione su questo aspetto non libererà risorse.
L’attuale versione della proposta di riforma fiscale è ambiziosa poiché vuole coniugare il principio costituzionale della progressività, garantire l’equità orizzontale e semplificare il sistema.
L’equità orizzontale è un tema cruciale e la si vuole perseguire attraverso una revisione della no tax area per i dipendenti e pensionati, l’estensione ai dipendenti di una forma di flat tax incrementale e l’introduzione di un nuovo regime delle detrazioni fiscali. In attesa dei decreti attuativi il dubbio che si possa rischiare una riforma in deficit è legittimo. Il gettito è legato alla crescita del Pil e nell’incertezza la spesa rimane intatta.
La tassazione delle società dovrebbe avvantaggiarsi del maggior gettito previsto dal prossimo anno grazie alla introduzione della global minimum tax da applicarsi alle multinazionali. La riforma della tassazione delle imprese organizzate in forma societaria prevede l’introduzione di due aliquote e vuole premiare chi investe o reinveste. Anche qui si punta a razionalizzare il sistema di incentivi. È auspicabile che venga premiato chi investe e non solo chi punta sui “beni 4.0”.
Nella nuova idea del fisco è previsto l’annullamento dell’Irap per le società di persone e per gli studi professionali associati, in cambio ci sarà una addizionale Ires. Questa previsione conferma che la riforma dovrà farsi mantenendo l’invarianza del gettito fiscale. Rimane da dimostrare, dunque, che la riforma possa stimolare la crescita, che non potrà essere assicurata puntando solo sulla riduzione del carico fiscale.
Meritano attenzione, invece, gli interventi annunciati in tema di fiscalità locale. La mancanza di regole certe porterà alla sovrapposizione di più sistemi fiscali e ciò potrebbe complicare la vita delle aziende. I rapporti tra Fisco e contribuenti dovranno essere, dunque, uno dei temi centrali della riforma. È stata prevista la razionalizzazione degli obblighi dichiarativi con una riduzione degli adempimenti e l’armonizzazione dei termini tributari, dichiarativi e di versamento, l’istituzione del concordato biennale per i soggetti di minore dimensione, il rafforzamento della cooperative compliance per i soggetti più grandi.
In mancanza di un bilanciamento dei rapporti tra fisco e contribuente non è condivisibile l’abrogazione dell’istituto del reclamo/mediazione. A oggi, infatti, il fisco non ha l’obbligo di rispondere alle istanze di autotutela del contribuente, mentre è obbligato a riscontrare le attività di mediazione.
In sintesi, la riforma annunciata andrà verificata quando ci saranno i decreti altrimenti appare un restyling di quello che già c’è e ciò pone interrogativi sulle coperture degli interventi proposti.
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