Il governo Meloni che prometteva una riforma strutturale sulle pensioni già nel maggio 2023, è tornato sui suoi passi prorogando la realizzazione di quest’obiettivo al 2024: il problema è la mancanza di coperture.
Riforma pensioni 2023: l’Italia come la Francia?
Eppure c’è chi, nonostante i numerosi incontri e tavoli tenuti al Ministero del lavoro, ipotizza che la riforma pensioni 2023 sembra essersi bloccata ad un punto fermo. Tra chi infatti loda quota 41 nonostante le criticità evidenti, soprattutto nei confronti delle Giovani generazioni per cui la legge, cosiddetta strutturale, in realtà non potrà mai essere realmente strutturale per tutte le categorie di lavoratori e necessiterà continuamente di correttivi da apportare anche nei prossimi decenni.
Effetti invece vorrebbe riesumare i tavoli tenuti nel 2022 sotto la presidenza Draghi con tutte le proposte avanzate tra riforma a 64 anni, così da porre l’Italia in una situazione equivalente alla Francia che ha superato ormai il settimo giorno di scontri per la proroga di 2 anni delle età pensionabile e la riforma integrale e amministrativa del sistema previdenziale.
Riforma pensioni 2023: perché rischia di slittare alla Nadef di settembre
Sicuramente dunque tutti i piani messi in atto dal governo per arrivare ad una botta di accordo entro aprile 2023 dovranno necessariamente conferire nel documento di Economia e finanza, ma non potranno essere attuativi né definitivi immediatamente. Serviranno dei decreti che, in tutta probabilità dovranno anche essere modificati e quindi la riforma pensioni 2023 potrebbe essere fatta slittare nella Nadef di settembre.
Quindi, a fronte di tanti slogan, il governo si deve fronteggiare un problema quasi insormontabile che è la scelta delle coperture per una riforma strutturale sulle pensioni. In pratica non ci siamo mossi nemmeno di un pasto da quando è cominciato il conflitto in Ucraina e il governo draghi si è trovato nell’impossibilità di affrontare anche solo un’integrazione strutturale di opzione donna e ape sociale. Inoltre, il governo meloni dopo aver modificato peggiorando opzione donna e aumentando di due anni l’età pensionabile con lo strumento agevolativo per le lavoratrici, ha già dato l’idea di quello che il bilancio statale è in grado di promettere. Vale a dire non una riforma strutturale per tutti, ma una riforma sulle pensioni di breve termine, come quelle che ci siamo abituati ad avere fino a questo momento, magari eliminando il paletto delle età anagrafiche peggiorando anche di molto la situazione contributiva dei giovani.