Iran e Arabia Saudita hanno raggiunto un accordo “pro Cina”. I due Paesi, in particolare, hanno scelto di ripristinare le relazioni diplomatiche e di riaprire le ambasciate dopo sette anni di tensioni, dopo un periodo di negoziazioni nel quale Pechino ha messo in pratica azioni di intermediazione, riducendo la possibilità di un conflitto armato tra gli Stati. Si tratta di un grande successo diplomatico per lo Stato del Dragone, che conferma il nuovo ruolo di potenza da parte della Cina in Medio Oriente dopo il ritiro degli americani.
Questa è la nota stampa rilasciata da Iran e Arabia Saudita e dalla mediatrice Cina: “Dopo l’attuazione della decisione, i ministri degli Esteri di entrambe le nazioni si incontreranno per preparare lo scambio di ambasciatori. I colloqui si sono svolti nell’arco di quattro giorni. Il ristabilimento dei legami e la riapertura delle ambasciate dovrà avvenire entro un periodo massimo di due mesi”.
IRAN E ARABIA SAUDITA, ACCORDO DIPLOMATICO CON LA REGIA DELLA CINA
Come si legge in un commento pubblicato sul quotidiano “Il Foglio”, siamo di fronte alla prima vittoria regionale per la leadership cinese, che “ha sempre usato la sua azione diplomatica per costruire rapporti bilaterali nell’interesse interno, e non multilaterale. […] Per ogni partnership che si rompe, per ogni dissidio nelle relazioni con l0America, la Cina è pronta a prendere il suo posto e a offrire di più. E spesso l’avvicinamento all’una o all’altra potenza è funzionale al rialzo dell’offerta”.
Sì, perché la Cina risulta essere il partner commerciale numero uno dell’Arabia Saudita, soprattutto per ciò che concerne il petrolio: nel 2021 “quasi la metà degli 87,3 miliardi di dollari di scambi tra i due Paesi è venuta dalle importazioni di greggio della Cina – prosegue ‘Il Foglio’ –. Secondo gli analisti, Pechino ieri ha messo il timbro su un negoziato, quello tra Arabia Saudita e Iran, a cui aveva già lungamente lavorato l’ex primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi. Per la Cina, però, si tratta soprattutto d’immagine, e di un colpo diplomatico che mette in ombra l’azione statunitense”.