Metropolitana di Roma: essendo in corso una raffica di borseggi, l’altoparlante richiama l’attenzione dei viaggiatori terminando con un “Attenti agli zingari”. Ne è nato un putiferio perché l’annuncio – che personalmente ritengo provvidenziale e comunque utile a richiamare l’attenzione dei viaggiatori – è stato definito “razzista”.
Sono seguite le (ipocrite) prese di posizione politiche e a farne le spese è stato il malcapitato operatore che si è permesso di fare l’annuncio.
Il tutto è stato segnalato dalla giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi (scrive su l’Espresso ed è collaboratrice freelance del canale tv La7) che – scandalizzata – ha pubblicato la cosa sul suo blog. “Una volta appreso che in una stazione c’è stato un annuncio discriminatorio e offensivo – si apprende sull’Ansa – l’Atac, l’azienda capitolina che gestisce il trasporto pubblico nella Capitale, si è subito attivata ed ha individuato il responsabile”.
Individuato il reo, Atac insiste: “L’annuncio non era ovviamente registrato. Si è trattata di una iniziativa personale che l’azienda giudica inaccettabile. Il responsabile, quindi, sarà sottoposto a provvedimento disciplinare”.
Immediato anche l’intervento del sindaco Roberto Gualtieri che su twitter condanna senza mezzi termini l’accaduto. “È inammissibile e inaccettabile. Bene ha fatto l’Atac a prendere immediatamente provvedimenti nei confronti di chi si è reso responsabile di un gesto così offensivo e discriminatorio”.
Il sindaco Gualtieri – che evidentemente non prende mai la metro romana perché altrimenti si renderebbe conto dello stato di degrado del servizio pubblico della sua città con ritardi, scale monili divelte, stazioni chiuse e lavori infiniti – non pensa alla situazione di incuria che la città mostra a cittadini e turisti, ma al gesto “offensivo e discriminatorio”. Lo avessero borseggiato una volta forse non la penserebbe così!
Il rischio vero di questo episodio è che sfugga il baratro di cretinaggine collettiva in cui siamo caduti con questa ipocrita ed assurda volontà “antidiscriminatrice”.
Se un/una borseggiatore o borseggiatrice seriale viene perfino colto sul fatto non gli si fa praticamente nulla; sono persone – di solito clandestini, apolidi o comunque già espulse che hanno alle spalle centinaia di individuazioni (e immediati rilasci) e che se ne fregano della legge e – ovviamente – dei drammi dei viaggiatori non solo per il denaro scomparso, ma soprattutto per i documenti o le carte di credito perdute.
Lo stesso è avvenuto a Milano poche settimane fa quando “Striscia la notizia” ha documentato le operazioni di una banda di giovani ragazze slave che avevano “assaltato” un intero vagone e quando sono state catturate dai viaggiatori e dalla stessa troupe e portate dai vigili urbani. Non solo sono state subito rilasciate, ma immediatamente hanno iniziato a “ripulire” un tram sotto gli occhi delle stesse telecamere, poi assalite dalle ragazzine.
Più in generale questa folle deriva politicamente corretta per cui un ladro non può più essere chiamato tale e sottoposto a carcere effettivo sta creando più violenza e rabbia tra le persone di quanto si immagini. Eppure, se catturate, queste persone potrebbero essere (oltre che detenute) essere tenute sotto osservazione con un braccialetto elettronico che comporti pene gravi ed effettivamente scontabili se venisse manomesso: sono concetti “fascisti” o solo di buon senso? E i passeggeri, che pagano un biglietto, non avrebbero diritto ad avere un servizio sicuro?
Provate a prendere la metropolitana a Bangkok, a Singapore o in tante altre città ed a compiere un borseggio o a saltare un controllo o semplicemente ad entrare senza biglietto. Prima di tutto vi prendono subito, vi ammanettano e state tranquilli che anche con le maniere brusche vi fanno passare la voglia di provarci ancora. Basta sapere che finisce così e ben pochi ci provano. Chiedetelo, per verifica – è successo in Thailandia alcuni mesi fa –, ad un gruppo di ragazzi italiani che, mezzi ubriachi, hanno avuto la bella pensata di urinare di sera davanti a un quadro del re e alla bandiera nazionale, perché tanto “non c’era nessuno”. Presi, impacchettati, imprigionati, processati, condannati e solo dopo un bel po’ di tempo espulsi, dopo l’intervento pesante della nostra ambasciata. La notizia ha fatto il giro del Paese e su twitter. Credo che, sapendolo, nessuno – andando in vacanza in quel Paese – proverà a ripetere l’episodio: l’esperienza segna ed insegna.
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