Silvia era tornata a casa nuovamente sconfitta. Con l’insegnante di fisica non si intendeva, aveva preso la sufficienza, ma era scontenta, perché dopo tutto il lavoro che aveva fatto pensava di meritare di più.
Aveva mangiato velocemente e poco, con sua madre uno scambio di battute, dell’interrogazione non aveva detto nulla, poi era uscita per andare al centro di aiuto allo studio, dove si era sfogata con Aurelio, che era stato ad ascoltarla senza dirle quello che pensava.
“Non è giusto!” aveva concluso la sua filippica Silvia, “io studio tanto per avere un misero sei, non è giusto!”
A quel punto Aurelio le aveva fatto una semplice domanda. “Ok, non è giusto! E io ti credo, ma questo insuccesso ti insegna qualcosa?”
Silvia non si aspettava questa domanda. Era tutta piegata sull’ingiustizia subita e non poteva pensare che ci fosse qualcosa da imparare in questa storia. “No!” aveva detto “solo che ho studiato per niente!”
Aurelio non aveva insistito perché aveva capito che Silvia in quel momento aveva nella mente solo quello. Le aveva chiesto se avesse da fare qualcosa per il giorno dopo e aveva ricevuto una risposta laconica ma chiara: “sì, ma niente di urgente, non ho comunque voglia!”
Aurelio le aveva allora chiesto una mano ad aiutare Mohamed, un ragazzo egiziano arrivato da poco in Italia e che non sapeva l’italiano. “Puoi aiutarlo a imparare queste parole?” aveva domandato Aurelio a Silvia, indicandole su una pagina del libro di italiano che aveva Mohamed.
Silvia si era messa a leggere con il ragazzo italiano, gli correggeva la pronuncia e per un’ora era rimasto con lui. Aurelio ad un certo punto si era avvicinato ai due stando in silenzio e aveva osservato quello che stavano facendo.
“Va bene?” gli aveva chiesto Silvia quando si era accorta che Aurelio li stava osservando.
“Certo!” aveva risposto il volontario in modo determinato e con il sorriso stampato sul volto.
“Abbiamo finito, ora cosa facciamo?”
“Prova a vedere se ha imparato il presente indicativo del verbo essere e del verbo avere.”
Silvia si era messa di buona lena a fargli ripetere i due verbi fino a che aveva visto che Mohamed era stanco. A quel punto aveva chiesto ad Aurelio se avesse potuto lasciargli fare una pausa, ricevendone una risposta affermativa.
“Mi aiuta a studiare le cause della seconda guerra mondiale?” aveva chiesto Silvia ad Aurelio.
“Hai cambiato idea?” le aveva domandato il professore, di rimando.
“No, l’ingiustizia rimane, su questo non faccio un passo indietro, ma vedendo quello che ci mette Mohamed, mi sono detta che questo sei non mi può fermare.”
“Vieni che ci guardiamo dentro, a questa seconda guerra mondiale” le aveva allora detto Aurelio, e insieme si erano messi a investigare le cause dello scoppio del conflitto. Aurelio sollecitava la ragazza a chiedersi il perché di quello che il libro le indicava così da far suoi i punti fondamentali dell’analisi.
Alla fine del lavoro Aurelio era tornato su quell’ingiustizia che Silvia riteneva di aver subìto e aveva fatto presente alla ragazza che in un cammino si può incespicare, ma bisogna sempre avere a mente la meta; questo fa andare avanti con una convinzione maggiore, anche in un momento in cui si vede tutto buio.
“Mi ha sbloccato Mohamed, vederlo così impegnato mi ha fatto ripensare a tutto. Quello che lei mi ha fatto fare insieme a Mohamed mi ha allargato lo sguardo.”
“Bene!” aveva commentato Aurelio.
“Però l’ingiustizia rimane!” aveva ribadito Silvia.
“Sì, rimane. Ma si può continuare anche con dentro un’amarezza per l’ingiustizia subita, e chissà, anche con una passione maggiore.”
Stavolta anche Silvia era d’accordo.
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