MINNEAPOLIS – Arresteranno Trump? Stamattina in questa terra d’America ognuno si è tirato fuori dal letto con le proprie speranze e preoccupazioni, come ad esempio cosa resterà dei risparmi di una vita se le banche continuano a saltare. Ma l’ex presidente ed il polverone politico di amici e nemici che sempre lo accompagna si è intrufolato di forza nelle case di tutti. Lo arresteranno?
Non so se Trump ami i social media, ma certamente li usa. Parecchio. Li usa così tanto e cosi spudoratamente che – ricorderete – nel gennaio 2021 Twitter gli sospese l’account. Account poi riattivato lo scorso novembre con Twitter a quel punto nelle mani di Elon Musk. Novanta milioni di followers non sono pochi. E non c’è solo Twitter. C’è ad esempio il Trump Media & Technology Group (Tmtg) che con il suo “Truth Social” di tentacoli ne ha parecchi per raggiungere milioni di persone in ogni angolo del mondo.
Ma a Trump, soprattutto in questo momento, più che il mondo interessa l’America. Bene, è a questo suo popolo invisibile che Trump si è rivolto non appena qualcuno ha fatto trapelare la notizia di un suo prossimo arresto. Secondo queste voci, martedì Alvin Bragg, il District Attorney di Manhattan (procuratore distrettuale) disporrà di procedere all’arresto di Donald Trump all’interno delle indagini sul caso Stormy Daniels, la presunta relazione dell’ex presidente con la suddetta e quello che qua si chiama hush money, il denaro presumibilmente versato da Trump per comprare il silenzio della pornostar (ex, e pure brutta).
Trump via Truth Social ci fa sapere di questa “illegal leak”, questa fuga di notizie, e che si tratta di fake stories, weaponized justice – balle, giustizia armata –, l’ultima mossa di una caccia alle streghe in atto da tempo, l’ennesimo tentativo di far fuori quello che è “di gran lunga il principale candidato repubblicano”. Insomma, a suo modo una “Mani pulite”.
Ora, siamo sinceri, che Trump piaccia o no bisogna riconoscere che da anni i suoi nemici le stanno provando tutte per farlo fuori prima che si arrivi al voto. Dai suoi discutibili businesses alle indocumentabili dichiarazioni dei redditi, fino alle recenti carte e scartoffie di Mar-a-Lago. Prima del voto, perché a metà America Trump al voto fa paura, bisogna disinnescarlo prima. Certo, il cercare l’altrui peccato (che screditi) e reato (che condanni) è la normalità della lotta politica. Semplicemente non so se stupirmi di più per la pervicacia dei suoi oppositori o per la sua capacità tutta trumpiana di cavarci sempre le gambe.
Ma, tornando al messaggio che Donald ha lanciato ieri, è l’appello conclusivo che fa tremare le vene ai polsi: “Protest, take our Nation back!” – protestiamo, riprendiamoci la nostra Nazione!”. Legittimo protestare, ma comprensibile anche sentirsi rizzare i capelli, perché anche non volendo quel che viene in mente è il 6 gennaio 2021 e la folla di sostenitori di Trump (appena sconfitto da Biden), all’assalto del Campidoglio e della democrazia americana. È uno dei paradossi trumpiani più clamorosi: l’uomo-presidente probabilmente più violento che abbiamo mai avuto, l’uomo-presidente che ha spaccato il Paese in due con il suo “o con me o contro di me”, è anche quello che è riuscito a mantenere in relativa pace un certo equilibrio internazionale.
Aspettiamo martedì, ma non sarà un arresto ad aiutare il Paese. Anzi…
God Bless America!
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