Per singolare concomitanza, ha preso il via con una lectio di Luciano Violante l’edizione 2023 della Scuola di politica “Conoscere per decidere… Ma che cos’è la politica?”, realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà, mentre sta girando in molti centri culturali una mostra sui trecenteschi affreschi di Ambrogio Lorenzetti, noti come Allegoria ed effetti del Buon governo e del Malgoverno, che stanno nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena.
Sorprendenti (ma forse non tanto) sono le assonanze e gli addentellati tra l’antica opera del sommo artista e il magistero attuale del giurista e politico di lungo corso. Qui si possono mettere in evidenza tre punti cardine: la limitazione del potere, i valori ideali, la comunità di popolo.
Il potere non assoluto
Siena, uno degli splendidi esempi della grande civiltà comunale, è governata dai Nove, personaggi che non possono essere esponenti del potere nobiliare o economico, e che durano in carica… due mesi. L’input che viene dall’alto è “diligete justitiam qui iudicatis terra”, “amate la giustizia voi che governate la terra”, il che implica proteggere e tutelare i deboli dalle molestie dei potenti. Impedire il potere assoluto. Sono i Nove che hanno commissionato gli affreschi al Lorenzetti.
E oggi? Un punto fermo indicato da Violante nella sua lectio è questo: “In democrazia non devono esistere poteri assoluti”. Non cedere alla tentazione delle “tirannie elettive”, dove chi è al potere diventa autoritario e cerca di neutralizzare il più possibili i poteri indipendenti di controllo e di garanzia (segnatamente la Corti costituzionali), in nome di una maggior efficacia e velocità delle decisioni. Questo succede “se una parte maggioritaria della società riconosce il leader anche se (o magari proprio perché) diventa autoritario e dispotico. Ogni potere deve sempre essere controbilanciato. Non è solo questione di architetture dello Stato, ma anche più in generale di cultura (e di etica) politica che oggi latitano parecchio, se è vero che da noi normalmente “la maggioranza considera con fastidio l’opposizione”. Invece l’altro è un valore anche in politica.
I valori ideali
Nell’affresco di Lorenzetti sono rappresentati come un quadro organico e articolato in cui qualcosa che precede il potere “detta le regole”. Il principio attivo da cui discende tutto è la Sapienza. Essa è la sorgente del valore ideale riconosciuto. Da tutti e segnatamente dai governanti. La sapienza è una luce che permette la conoscenza adeguata della realtà e dei suoi bisogni. Essa nutre e fa vivere la Giustizia, cioè i rapporti “giusti” tra gli uomini in tutte le loro attività. Non è solo rispetto delle regole, ma Concordia, nel pieno senso della parola, che implica i cuori. Il Buon Governo, la figura gigantesca della scena, riceve e si avvale di questa concordia (il fenomeno è visualizzata con due corde intrecciate) ed esercita la sua funzione assistito dalle virtù, in primo luogo la carità, rappresentata come una figura tutta infuocata da un cuore ardente.
“Conoscere per decidere” è il titolo programmatico della Scuola di politica. Possiamo dire, accettando la suggestione di Lorenzetti, “imparare a governare con giustizia illuminata dalla sapienza”. Non si tratta solo di apprendere le tecniche del mestiere. Tenendo anche presente che “la democrazia – come sostiene Violante – si impara con i comportamenti, non con le regole; si impara cioè guardando gli altri”. Si impara anche da un affresco di Lorenzetti (aggiungo io) perché esso ci fa guardare “altri” che vivono in una comunità “democratica”. Ecco l’utilità di una scuola di politica: “Serve per capire come ci si confronta con l’altro”. Perché, spiega Violante, “c’è una tecnica del discorso politico che non è quella dell’aggressione, ma quella di capire come si potrebbe essere d’accordo con l’avversario”.
La comunità
La comunità di popolo è raccontata negli Effetti del Buongoverno in città e in campagna. Il Buongoverno non appare innanzitutto come un’ideologia, ma è illustrato nella sua concretezza di vita personale e sociale diremmo quotidiane. Una donna a cavallo va alla casa del marito. Due ragazzini sbirciano dal balcone. Altre donne danzano, al suono di un tamburello. Ci sono fiori. Ci sono operai del cantiere, in una città bella e che cresce. Ci sono anche donne al lavoro. E poi calzolai, barbieri, ragazzini a lezione dal maestro. E in campagna chi porta le uova, che conduce pecore al pascolo, o muli che portano balle di lana, chi trebbia, chi va a caccia. Chi in pellegrinaggio sulla Via Francigena. Si lavora e ci si diverte, in pace. Città e campagna pullulano di persone che palesemente si sentono appartenenti a una comunità, dove ognuno, per la sua parte, è protagonista.
Il Buon Comune nasce (anche) dal basso. “Le democrazie – insegna l’ex presidente della Camera – hanno bisogno di cittadini democratici, non solo di leader democratici. La crisi della democrazia nasce se i cittadini non sentono il dovere di vivere in comunità. Democrazia è rispettare l’altro. La democrazia non esiste in natura, essa va coltivata. Se non la si coltiva, deperisce e muore per suicidio”.
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