Ci sono due ragioni che mi hanno spinto a riprendere la lettura di M. Gli ultimi giorni dell’Europa, il terzo volume che Antonio Scurati ha dedicato alla storia del fascismo, pubblicato ormai da qualche mese (Bompiani, 2022). La prima è il riesplodere nel cuore dell’Europa dopo 70 anni di pace di una guerra vera, con il rischio concreto per l’Occidente di essere trascinato in un nuovo conflitto mondiale. La seconda ragione è il ritorno di attualità, soprattutto tra i giovani, del conflitto fascismo-antifascismo e del dibattito sulla natura razzista e antisemita del regime che ha dominato in Italia per oltre vent’anni nella prima metà del secolo scorso.
Scurati ha l’enorme merito di aver offerto una rilettura del fascismo moderna e convincente, priva di pregiudizi e soprattutto attenta a rispondere a quei quesiti sulla sua identità con lo sguardo rivolto alla contemporaneità. Lo fa mettendo al centro i comportamenti e le scelte di Mussolini, il suo leader indiscusso, ma anche le condizioni reali della società italiana ed alcuni aspetti della cultura e del carattere del nostro Paese. “Come è stato possibile?” ci siamo domandati spesso. Perché tutto questo è accaduto senza che nessuno lo capisse per tempo, senza che nessuno tentasse di impedirlo. Ora però ci facciamo un’altra domanda: “potrebbe accadere di nuovo?”.
Come spesso capita, il tempo, trascorrendo, cambia il modo di guardare le cose. È difficile fissare una volta per tutte la convinzione che quello che è accaduto sia stato sbagliato, da non ripetere, da mettere al bando. Non bastano i musei, le manifestazioni e le celebrazioni in ricordo, i libri di storia e le scuole. Anzi, sono a volte proprio le scuole il primo luogo dove la memoria storica vacilla, presenta le prime crepe. In effetti è proprio la versione ufficiale della storia a diventare facile bersaglio da parte di chi si interroga sul perché essa sia diventata “ufficiale”. E da qui bisogna ripartire, senza spocchia, per capire cosa stia succedendo. E Scurati lo fa, indirettamente e in modo assai intelligente.
Il terzo volume della trilogia – al momento M. Gli ultimi giorni dell’Europa si aggiunge a M. Il figlio del secolo e a M. L’uomo della provvidenza – è dedicato ai due anni, tra il settembre 1938 e il giugno del 1940, in cui maturarono le scelte che condussero il nostro paese in guerra. In particolare Scurati indaga l’adesione alla campagna antisemita promossa dal nazismo e infine, dopo un anno di dubbi e di reciproche prese in giro, l’entrata in guerra al fianco di Hitler. Entrambe le decisioni vennero prese da Mussolini in persona, mosso da argomenti opportunisti, ma consapevolmente. L’inizio della seconda guerra mondiale è per il fascismo come uno scivolamento consapevole verso il baratro, a cui nessuno ha saputo porre un freno.
Come sempre, Scurati si impegna in una ricostruzione fedele e rispettosa delle fonti storiche a nostra disposizione. Quasi nulla è frutto della sua immaginazione, eppure la lettura scorre come un romanzo. Stavolta un ruolo decisivo viene svolto dai diari dei protagonisti più vicini al Duce, che ambivano a consegnare alla storia le confessioni e le frasi sfuggite al Duce in momento di intimità o di rilassamento. Vale per Claretta Petacci, ovviamente, l’ultima giovane amante di Mussolini. Ma anche per il giovane genero Galeazzo Ciano (sposato con Edda, la figlia prediletta di Mussolini) che in quegli anni aveva raggiunto la ragguardevole quanto immeritata posizione di ministro degli Esteri. Un giovane chiacchierone e pieno di sé, che oltre a riempire il suo diario ha fornito argomenti per quasi tutti i suoi collaboratori più stretti, come Giovanni Ansaldo, l’ex giornalista antifascista divenuto poi uomo del regime, e il cognato Massimo Magistrati, primo consigliere d’ambasciata a Berlino.
Partiamo dalle leggi contro gli ebrei. L’adesione del fascismo alle politiche di difesa dell’integrità razziale e della superiorità ariana della stirpe italica trova scarsa opposizione all’interno del partito e negli ambienti vicini al Duce. Tra l’incredulità di molti fascisti ebrei della prima ora – tra tutti l’ex sindaco di Ferrara Renzo Ravenna, amico personale di Italo Balbo – le norme sono scritte personalmente da Mussolini, così come le note di commento apparse sui giornali del regime. La sottile distinzione tra “discriminare” e “perseguire”, operata dal Corriere della Sera il 6 agosto 1938, rivela solo quanto il fascismo sia ormai precipitato nel ridicolo. Mussolini ha deciso tutto per compiacere i tedeschi, e tutti si adeguano. Fino ad arrivare il 5 gennaio 1940 a scrivere di suo pugno ad Hitler per invitarlo ad accettare l’idea di una “piccola Polonia finalmente liberata dagli ebrei”.
Gli ebrei italiani che se lo possono permettere – avvertito il pericolo – si mettono in fuga e cercano riparo in Europa e soprattutto in America. Tra di essi c’è anche Margherita Grassini Sarfatti. L’ex amante e grande ispiratrice del capo del fascismo negli anni dell’ascesa non ha ormai più rapporti con l’uomo che ha contribuito più di chiunque altra ad affermare. Sarfatti dedica ora il suo tempo a nuovi progetti culturali tra la Francia e il nord Europa. Ma appena vengono approvate all’unanimità dalla Camera delle corporazioni le leggi razziali decide di lasciare l’Europa e di raggiungere il figlio superstite riparato in Sudamerica. Non sarà facile neanche per lei trovare posto e ottenere i permessi per l’imbarco. Da tutta Europa ormai è un esodo di massa.
Ma quello che Scurati opera in questo volume è un’indagine introspettiva di Mussolini, della sua relazione con Adolf Hitler e del modo in cui il capo del fascismo intende fronteggiare la crescente aggressività dell’alleato. L’Italia continua ad apparire agli occhi di tutto il mondo come un Paese inaffidabile. Lo è per le grandi democrazie europee, che considerano Mussolini ormai prigioniero di una politica senza sbocchi. Ma lo è anche per i tedeschi, che considerano gli italiani dei pavidi. Mussolini sa di non essere pronto per fare la guerra, non ha materie prime, dispone di un esercito scalcagnato e non ha un piano militare da presentare. La sua unica preoccupazione è di godere di una piccola parte del trionfo annunciato di Hitler.
Ma quello che angustia di più il Duce del fascismo è quanto sia stata fallimentare la sua strategia volta a cambiare gli italiani. Il suo impegno quotidiano a trasformare il popolo italico, abituato ad ogni sopruso, in guerrieri disposti a battersi, orgogliosi della loro storia di conquista, non ha dato risultati. Deve arrendersi, si considera sconfitto. L’Italia rimarrà il Paese del disonore, le sue classi dirigenti ormai sperano solo nei vantaggi economici della posizione di “non belligerante”. In un’occasione Mussolini stesso inveisce contro gli italiani “calcolatamente sleali, frutto di politiche di raggiro, che hanno trasformato l’Italia in una menzogna vivente!”
Affiancano Mussolini nella relazione con l’alleato tedesco figure che hanno influito in qualche modo nel rendere ancora più diffidente Hitler e il suo staff. È in particolare l’atteggiamento del ministro degli Esteri nonché genero di Mussolini Galeazzo Ciano a svolgere una funzione centrale. Non solo perché il giovane ministro non perde occasione per manifestare la sua contrarietà all’intesa con la Germania, ma soprattutto perché Mussolini affida a lui il compito di giocare su più tavoli e lasciar credere agli altri Paesi europei che l’Italia stesse lavorando per restare fuori dal conflitto.
Colpisce nel lavoro di Scurati la forza del racconto del lento coinvolgimento dell’Italia nel conflitto, la resistenza ad assumersi i rischi della guerra ma la pretesa di godere di eventuali vantaggi dalla vittoria tedesca, ormai data per sicura. La furbizia mista ad impreparazione e incompetenza. Un Paese che sembra meritare la sciagura che gli sta per capitare. Per questo l’entrata in guerra, la dichiarazione del 10 giugno e il successivo comizio tenuto dal balcone di piazza Venezia, rappresentano solo l’inizio della fine. La fine dell’Europa come si era conosciuta fino ad allora, ma anche l’inizio della fine del fascismo e con essa l’inizio della tragedia che colpì il Paese e poi lo spinse nel precipizio della storia.
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