Paolino era un bambino ucraino, almeno un po’.
Non era venuto a Milano a causa della guerra. Ci era arrivato sette anni fa, portato da un papà.
Ad accoglierlo era stato un altro papà. Non il papà di un altro bambino, ma proprio un altro suo papà.
E la mamma? Paolino non l’aveva mai vista. Forse era rimasta in Ucraina per “curare” altri fratellini. Pare che non fosse una donna molto ricca, ma certamente molto bella, perché Paolino era un bimbo veramente carino e sia papà-uno che papà-due ne andavano molto orgogliosi. Per il resto tutti e due i papà erano abbastanza facoltosi e non avevano mai fatto mancare a Paolino proprio niente.
Quando il bimbo vedeva quei filmati dei bambini poveri ed affamati, non poteva fare altro che compiangerli. E anche dire una preghiera per loro, come gli aveva insegnato papà-uno, che aveva studiato dalle suore.
A scuola Paolino ci andava accompagnato da Rosy, la tata filippina che ogni mattina alle 7.30 veniva puntualmente a prenderlo.
A scuola c’erano anche molti bambini che erano accompagnati dalle mamme. Ma non tutti. Alcuni dalla nonna o da altre tate di vari Paesi. Le loro mamme erano impegnate dal lavoro o forse, qualcuna, chi lo sa, era in Ucraina come la mamma di Paolino.
Venne un giorno, un bel giorno, in cui il bimbo iniziò ad andare a catechismo. Paolino non vedeva l’ora di andarci.
Fin da piccolo papà-uno lo portava ogni domenica in chiesa dove ultimamente si stava proprio bene. Non tanto per la Messa in sé, che comunque, con quei bei canti e con quelle sorprese finali, non era poi male. Il meglio veniva in cortile, quando si poteva giocare liberamente con gli amici. Cosa che a scuola non si poteva neanche immaginare.
Insomma in parrocchia c’era meno di un’ora di lezione, neanche troppo noiosa e due ore di gioco. Cosa che a scuola non si poteva neanche immaginare.
E poi in parrocchia c’era una bambina di un’altra classe, Katya, che era proprio carina, e si diceva che venisse dall’Ucraina, tanto che parlava persino l’ucraino.
Il catechismo apparve a Paolino un po’ come la Messa, anche se in formato ridotto. Quaranta minuti di gioco e una mezz’oretta di lezione. Lezione anche coi canti e, a volte, anche coi lavoretti. Poi, ogni tanto, appariva anche un prete un po’ grasso, con certi cioccolatini squisiti.
L’argomento principale era Gesù, come qualche volta anche a scuola. Oltre che di Gesù si parlava anche della mamma, Maria. Lei non era ucraina, ma una poveretta di palestinese che neanche a Natale le davano una casa.
Sembra che anche Gesù avesse due papà. Ma tutti e due erano religiosi. Il papà-due di Paolino non tanto, ma non era contro, lasciava fare.
Insomma a Paolino non mancava nulla, ma come Marcellino (quello del film) aveva un grande desiderio: “Quando finisce questa guerra, mi porterete in Ucraina a conoscere la mia mamma?”.
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