L’io alla prova delle nuove “pandemie”

Esattamente tre anni fa papa Francesco pregava per il mondo in una piazza san Pietro svuotata dalla pandemia. Un gesto profetico oggi ancor più vero

Proprio tre anni fa come oggi, il 27 marzo 2020, accadeva un fatto epocale e indimenticabile, forse il punto più alto del pontificato di papa Bergoglio: il gesto straordinario di preghiera urbi et orbi per la pandemia, in una piazza San Pietro deserta per il lockdown e livida per la pioggia, trasmessa in mondovisione.

Francesco volle far sentire la vicinanza ai sofferenti e alle persone in varie forme impegnate ad alleviarle, dal personale sanitario alla forze dell’ordine, dai volontari alle commesse dei supermercati. E volle soprattutto proporre un modo pienamente umano di stare di fronte alla realtà, di vivere la navigazione “tutti sulla stessa barca”, strapazzata dalla tempesta. La proposta, in estrema sintesi, aveva due versanti. Primo, un’operazione verità: prendere atto che la realtà aveva fatto irruzione in maniera imprevista e irriducibile nelle nostre esistenze, infrangendo la bolla artefatta delle nostre illusorie sicurezze e mettendo a nudo la nostra strutturale fragilità. Non siamo autosufficienti, ma bisognosi. Secondo, una reimpostazione della rotta della vita: “Verso di Te, o Signore. E verso gli altri”. Ritrovare la fiducia in Gesù presente, cioè la fede e la speranza. Ben sapendo che se si vive intensamente la realtà, senza evadere nella finzione, ci si scopre bisognosi di una salvezza da attendere e domandare. è questa la religiosità (Giussani), “l’inizio della fede” (Francesco).

In quella riflessione – una meditazione dell’episodio evangelico dei discepoli sulla barca nella tempesta – Francesco raccoglieva e valorizzava tra l’altro, pur senza citarle esplicitamente, le osservazioni e le istanze più acute espresse da diversi intellettuali, scrittori e giornalisti, appunto sull’irruzione della realtà, l’urto dell’imprevisto, la coscienza della fragilità, la domanda di significato.

Il percorso indicato dal papa conduce alla vittoria sulla paura che irretisce e paralizza: abbracciare quella Presenza, nel segno che è la compagnia di quanti lo riconoscono.

Passata la tempesta, odo gli augelli far festa… Ci dicono che il Covid è decaduto al banale status di modesto virus influenzale. Già ci avevano detto che ci sarebbe stata la ripresa economica. Finita la paura, finita la fragilità? Ha vinto il “ce la faremo” (per i superstiti, non per gli altri)?

Lasciamo le domande aperte, forse non c’è una risposta univoca. Ricordiamo solo il monito di Francesco: “Peggio della pandemia c’è solo il rischio di sprecarla”, che di sicuro non ha perso di attualità, e ci mette in guardia dal rischio, facilissimo, di ricostruirci la nostra bolla, come il baco il bozzolo. Anzi, peggio: perché il baco diventa farfalla, buca il bozzolo e vola; altrimenti morirebbe verme e non si realizzerebbe, non si compirebbe il suo vero destino.

L’uomo, come esistenza fisica, può salvarsi dalle bombe rifugiandosi in un bunker; ma l’io umano, l’umanità dell’uomo, che è sempre più bombardato, può solo illudersi di salvarsi in una bolla.

Ci sono infatti sempre nuove e gravi minacce, nuove e gravi pandemie, nuove e gravi manifestazioni della realtà che “vorrebbe” irrompere e che dovrebbero non lasciarci quieti.

Qualche esempio. La guerra in Ucraina: che dovrebbe farci interrogare spietatamente sul senso dell’essere, ognuno di noi, uomini la cui personalità sociale e politica è (sarebbe) cresciuta nell’alveo della tradizione europea, occidentale, democratica; sul valore e la responsabilità  della pace.

Un altro fatto inquietante che minaccia l’io umano è lo strapotere degli oligarchi mondiali di internet sull’informazione, sulla democrazia (possono decidere di censurare il presidente degli Stati Uniti eletto dal popolo) e sulla verità (veicolano news e fake-news) sempre più confondibili.

Un terzo fattore di dissoluzione è la trasformazione del desiderio in diritto, come accade nel rivendicare liquidità sessuale, utero in affitto, suicidio assistito, ecc.: Questa trasformazione corrompe e distrugge il desiderio nel suo valore infinito, per questo minaccia l’io umano.

Un quarto grave pericolo è la cancel culture, il rifiuto violento della storia e del passato, che sono invece lo spessore dell’identità umana.

Ciò che è contro la pace, il vero, il desiderio, il passato, è contro l’io umano.

Il riscatto dell’io, nel tempo delle nuove pandemie, è la necessità più che mai urgente.

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