LO SFOTTÒ DEL FONDATORE DI PRIMA LINEA GALMOZZI DOPO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE IN FRANCIA
«Quanto mi fa godere la Cassazione francese…»: con questo freddo e oltraggioso messaggio ha parlato ieri sulla sua pagina Facebook Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, commentando la decisione dei giudici di Cassazione in Francia rispetto al rifiuto all’estradizione dei 10 ex Br (ed ex terroristi rossi) degli anni di piombo in Italia. Galmozzi è stato condannato per gli omicidi dell’avvocato Enrico Pedenovi e del poliziotto Giuseppe Ciotta.
Proprio il nipote di quest’ultimo, Potito Perruggini, è da anni presidente dell’Osservatorio anni di piombo: ieri davanti alla sentenza ha provato a rimanere “calmo”, spiegando ai giornalisti «Non bisogna cedere alle provocazioni, il killer dovrebbe ringraziare l’Italia e l’eccesso di democrazia che gli consente di avere anche questi lussi. Sono stati due omicidi vigliacchi, compiuti alle spalle. Mio zio era chiuso in una 500, era inerme. Mi chiedo: un giudice di sorveglianza non potrebbe rivedere le sue decisioni? O ci sono ancora contatti con i servizi segreti deviati, come dice qualcuno? Io non sono in grado di dirlo».
EX BR RESTANO IN FRANCIA: CALABRESI VS CASSAZIONE “IPOCRITI, DANNO SPROPORZIONATO A VITTIME”
Il commento sprezzante dell’ex Prima Linea non è rimasto in secondo piano, come si evince anche dalle parole di commento dedicate al figlio del Commissario Luigi Calabresi (il giornalista ed ex direttore di Repubblica Mario Calabresi) davanti alla sentenza della Cassazione in Francia: «Era un’illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso», spiega il figlio di Gemma Capra e Luigi Calabresi, dopo che tra i dieci ex terroristi “salvati” ancora una volta dalle condanne della giustizia italiana vi si trova anche Giorgio Pietrostefani, già condannato in Italia per essere stato tra i mandanti dell’omicidio e latitante da decenni in Francia.
Ancora Calabresi osserva come vi è un dettaglio «fastidioso e ipocrita» in merito alla sentenza francese: «I rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (…) e quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare», si legge nel comunicato della Cassazione. Ecco, conclude Mario Calabresi, «pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà…». Tra i motivi per il no all’estradizione, hanno spiegato i giudici francese, c’era il rispetto della vita privata e familiare ma anche il diritto a un processo equo, nonché le garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.