Da Roma a Milano, passando per Padova e Treviso, assistiamo a un’ondata di disobbedienza civile contro il Governo. Pur non sono molti i sindaci che resistono alla sentenza della Corte di Cassazione che non consente di registrare i figli di coppie omogenitoriali come figli di due mamme o di due papà, fanno comunque molto rumore e suscitano una eco a forte risonanza mediatica.
Sono prevalentemente sindaci di centrosinistra, che dicono di essere animati dal desiderio di tutelare i diritti dei figli delle coppie omogenitoriali, ma sembrano piuttosto distratti davanti ai diritti degli altri bambini. Il contrario di quanto accade tra i sindaci che hanno aderito al Network dei Comuni amici della famiglia.
Questo Network si ispira a un modello nato oltre dieci anni fa nella Provincia Autonoma di Trento, e diventato dal 2017 è un vero e proprio Network nazionale. Attualmente si tratta di 142 amministrazioni comunali, situate in undici regioni diverse, che hanno creduto nella famiglia come volano di sviluppo e opportunità, soprattutto sul piano del rilancio demografico. Si tratta di una rete che promuove a livello nazionale politiche di sostegno al benessere delle famiglie sulla base dell’esperienza sviluppata a Trento, dove il tasso di natalità è decisamente sopra la media nazionale e le ricadute territoriali sono molto positive in termini di welfare sociale, aziendale, territoriale. Ne hanno parlato la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, durante l’incontro che si è tenuto a Roma, presso l’Università della Santa Croce, nel corso del quale è stato presentato il network dei Comuni “Amici della famiglia”.
Secondo Eugenia Roccella, il tema della famiglia non può essere affrontato in un contesto in cui i diversi schieramenti appaiono contrapposti: servono interventi trasversali, il più possibile condivisi, perché sostenere il bene della famiglia equivale a sostenere il benessere e lo sviluppo di tutto il Paese. Mentre i sindaci che si battono per ottenere la trascrizione all’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali protestano non tanto contro il Governo, ma piuttosto contro una sentenza della Cassazione, per di più a sezioni unite. Il loro interlocutore dovrebbe essere quindi non il ministro della Famiglia, ma il Presidente delle sezioni unite della Cassazione che ha emesso la sentenza. Il ministro della Famiglia ha il compito di tutelare tutte le famiglie, nel rispetto della legge vigente. Secondo il card. Matteo Zuppi, Presidente della Cei, infatti: “La famiglia va protetta, perché ha garantito il futuro a tutti. Senza famiglia non c’è futuro, c’è soprattutto solitudine… Il primo problema oggi è la denatalità: un nucleo familiare su tre è composto da una persona. Bisogna garantire la difesa della famiglia nei momenti di maggiore fragilità, come l’invecchiamento, ma anche con misure che incentivano la natalità, fattore decisivo per il futuro del nostro Paese”. Chiaro e concreto il cardinal Zuppi ha riportato l’attenzione sulla necessità di rilanciare politiche demografiche che favoriscano la nascita dei bambini, venendo incontro alle famiglie con una normativa che risolva i loro problemi, soprattutto quelli che maggiormente incidono sulla possibilità di avere dei figli.
Il Network dei Comuni amici della famiglia parte proprio da queste premesse ed è molto esigente nella verifica dei criteri che debbono possedere i diversi comuni per ottenere la certificazione, che consente l’attribuzione del marchio “Family in Italia”, ossia di Comuni a misura di famiglia. Per i Comuni che fanno parte del Network la famiglia passa da costo a risorsa, attraverso una serie di azioni strettamente interconnesse. C’è infatti una particolare attenzione al lavoro femminile e al sostegno alle giovani coppie in chiave multidimensionale, per prevedere nuovi modi e nuovi modelli di riorganizzazione del lavoro di entrambi i genitori. Non si può incentivare la natalità senza interventi di tipo sistemico, che garantiscano agli uomini e alle donne la possibilità di integrare, molto di più di quanto è accaduto finora, vita famigliare e vita professionale; senza un opportuno investimento in azioni che consentano alle aziende una progettualità flessibile in fatto di ritmi e tempi di lavoro per madri e padri. La rete dei servizi che i Comuni mettono a disposizione delle coppie, non solo delle giovani coppie, deve facilitare la vita e l’autonomia di entrambi i genitori, permettendo loro di investire adeguatamente nel loro futuro personale, familiare e professionale.
Una logica abbastanza diversa da quella prospettata dai Sindaci dell’area di centrosinistra durante la loro manifestazione di opposizione alla sentenza della Cassazione, dove per tutelare i diritti di alcuni si finisce con l’ignorare i diritti di tutti gli altri. L’obiettivo dominante in un Paese come il nostro caratterizzato, da un alto indice di invecchiamento e un basso indice di natalità, oggi riguarda l’impegno positivo che i Comuni debbono assumere nei confronti delle politiche demografiche. In particolare, facilitando lo sviluppo professionale femminile, tutelandolo con un insieme di servizi efficienti e flessibili, offrendo un welfare ricco di opportunità per tutti: giovani e anziani.
Servono contratti e convenzioni con le aziende per ottenere orari flessibili; occorre inoltre incentivare non solo le politiche abitative, ma anche quelle dei trasporti. Per questo il nuovo Network mette la famiglia al centro di una riflessione che ne fa il volano dello sviluppo dell’intero sistema Paese e lo fa documentando i risultati positivi in termini oggettivi di aumento del numero delle nascite: fatti e non solo parole. Best practices e non solo teorie o semplice demagogia. Sindaci che rispettano le leggi, comprese le sentenze della Cassazione, e non si limitano a fare della disobbedienza civile la loro bandiera ideologica.
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