Recentemente sul Financial Times è stato pubblicato un allarme che parla della forte ascesa del patriottismo in Russia, utilizzato da Putin come una vera e propria arma contro i dissidenti. Tutto, ovviamente, è iniziato con lo scoppio della guerra in Ucraina, che il Cremlino continua a chiamare “missione speciale”, che ha portato Mosca ad attuare una serie di mosse tipiche delle guerre, tra propaganda e controllo del dissenso.
L’obiettivo della Russia è chiaro, e tendenzialmente condiviso dagli stati impegnati in una guerra, ovvero far sì che non si diffonda un sentimento contrario allo sforzo bellico, con manifestazioni e attacchi mirati contro lo Stato. Tuttavia, a preoccupare sono soprattutto le modalità che ricordano, tristemente, il buio periodo dell’Unione Sovietica guidata da Iosif Stalin. Ora, come allora, infatti, la principale modalità per individuare i dissidenti sono le denunce spontanee da parte dei comuni cittadini, che avvertendo un “problema” in qualcuno vicino a loro, avvertono le autorità della Russia, i cui interventi sono sempre tempestivi e, soprattutto, condotti con il pugno di ferro.
La legge sul patriottismo in Russia
E la portata del problema del patriottismo utilizzato come arma contro i dissidenti in Russia è talmente diffuso che il quotidiano racconta la storia di Varya Galkina, una studentessa di 10 anni. Individuata dai suoi docenti come probabile dissidente, è stata segnalata dalle autorità che hanno aspettato la madre a scuola, conducendo poi entrambe in stato di fermo alla stazione di polizia, per un interrogatorio durato più di 4 ore, in cui hanno indagato sui loro sentimenti sulla guerra e sul Cremlino.
Tramite una legge voluta da Putin dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, il dissenso sulla guerra è diventato di fatto illegale. Per fare leva sulla popolazione sono state poi spolverate tutta una serie di attività messe in campo per la prima volta da Iosif Stalin durante il periodo dell’URSS. Tramite appelli alla popolazione, si invita a dare la caccia ai “traditori interni” e ai “sabotatori” dello stato russo, mentre nelle scuole della Russia vengono tenute lezioni di patriottismo russo. E proprio a causa della scuola Varya è finita in un mare di problemi. La madre racconta che aveva saltato diverse lezioni di patriottismo, facendo scattare un allarme ai docenti, accentuato quando la ragazzina ha utilizzato un immagine pro Ucraina per il suo profilo WhatsApp. La madre, Elena, dopo l’interrogatorio è stata accusata di “esercizio improprio della funzione genitoriale” e condannata a seguire un corso riabilitativo, assieme a tutta la famiglia.