Marina Cuollo, chi è la scrittrice e giornalista di Vanity Fair
Marina Cuollo è una giornalista e scrittrice affetta da Melnick Needles, una sindrome piuttosto rara che colpisce principalmente la struttura ossea e scheletrica. Classe 1981, Marina è nata a Napoli e sui social si descrive come “una microdonna, alta un metro e una mentina, che ha bisogno di mostrarsi sempre un po’ incazzata con il mondo per dire la sua”. I suoi limiti sono diventati il suo punto di forza e sin da giovane si è fatta sentire. Dopo aver conseguito una Laurea in Scienze Biologiche ha proseguito gli studi seguendo un dottorato in processi biologici e biomolecole. Oggi però ha cambiato completamente ambito, visto che è diventata una scrittrice di successo e da tempo collabora anche con Vanity Fair dove ha una rubrica tutta sua dal nome “Area Marina”.
Intervistata da gay.it ha parlato proprio del suo duplice percorso di scrittrice e attivista: “hanno camminato in parallelo. Non scrivo da tantissimo. In realtà ho una formazione completamene lontana da tutto ciò. Nasco come biologa e ogni mio studio parte dal campo scientifico. Ad un certo punto mi sono resa conto che avevo l’urgenza di comunicazione, anche partendo dal mio vissuto, e accorgendomi da quanto abilismo ci circonda. Quell’urgenza di comunicazione si è collegata chiaramente al mio essere una persona parte di una comunità marginalizzata. Ho cominciato a raccogliere una serie di strumenti e mi sono resa conto che l’umorismo è il mezzo con cui io mi trovo meglio”.
Marina Cuollo libri: il successo di Disabilandia
Nel 2017 Marina Cuollo pubblica il libro “Disabilandia” che considera la punta del suo percorso. “Avendo conosciuto tante altre persone che fanno attivismo, collaborare anche con la comunità LGBTQIA+, e trovare così tanti punti di contatto mi ha fatto crescere tantissimo. Penso che non si smette mai di crescere, apprendere, e guardarsi intorno. È un percorso in divenire” – ha raccontato l’attivista e scrittrice che, parlando di esempi di disabilità ha parlato di alcuni validi esempi di rappresentazione della disabilità: “mi viene in mente Special (su Netflix) prodotta, scritta, e interpretata da Ryan ‘O Connell che è una persona con disabilità e anche gay, quindi affronta il tema con intersezionalità. Mi viene in mente anche la splendida serie “Un metro e venti”, prodotta da due donne di cui una con disabilita, e ci offre un punto di vista femminista della disabilità. Mi viene in mente anche il lavoro di Steve Way nella serie Ramy, ma anche Years and Years ,o di recente nella serie Only Murders in The Building c’è un personaggio sordo interpretato da un attore sordo. Anche se sono esempi soprattutto dal mondo anglofono e i tempi sono lenti, il cambiamento deve arrivare”.
Infine parlando del Disability Pride Month ha detto: “sto notando negli anni che c’è una consapevolezza maggiore rispetto a qualche anno fa era completamente sconosciuto. C’è ancora tanto da fare sull’accessibilità, ma non solo fisica – anche sensoriale e per la neurodivergenza. Secondo me piano piano si sta iniziando a prendere consapevolezza”.