“Sola ci mostri/ la nuca dorata-disperata/ con ordine-disordine/ ravviata-scompigliata”. Così i versi di Giovanni Testori ci hanno restituito in termini poeticamente fulminanti una delle immagini più iconiche della storia dell’arte: la Maddalena ai piedi della Croce nel capolavoro dipinto da Masaccio nel 1426 per il Polittico di Pisa. I comparti del Polittico oggi sono dispersi tra alcuni grandi musei del mondo (Berlino, Los Angeles, Londra e Pisa); al Museo di Capodimonte di Napoli è conservato quello che è in ogni senso l’apice dell’opera: non solo ne è la punta espressiva ma era l’apice in quanto occupava la parte alta del complesso: la Crocifissione. In questi mesi, in occasione della Quaresima e della Pasqua 2023, la tavola è stata eccezionalmente concessa in prestito al Museo Diocesano di Milano, che la espone all’interno di un documentatissimo percorso, curato dalla direttrice Nadia Righi e da Alessandra Rullo, conservatrice del museo napoletano. Il percorso si conclude con la poesia di Testori trascritta a grandi caratteri, un po’ come un sigillo contemporaneo messo su quel capolavoro.
Il Polittico era stato commissionato a Masaccio da un notaio pisano per la propria cappella funeraria all’interno della Chiesa del Carmine nella città toscana. Occupava una posizione prestigiosa, nella navata centrale, appoggiato al tramezzo che separava la parte dei fedeli da quella dei celebranti. In un momento imprecisato, tra 1600 e 1700, il polittico era stato smembrato e disperso. Molte parti non sono mai state ritrovate.
La Crocifissione era posizionata al centro in altro, sopra la tavola della Madonna con il Bambino (oggi a Londra). Era vista quindi dal basso in alto, e questo spiega la drammatica compressione del corpo di Cristo, il cui volto sembra quasi incassato nel torace. Ma certamente l’invenzione che fa letteralmente “volare” l’opera è quella della Maddalena, posta di spalle ai piedi della Croce. Le analisi della tavola documentano come Masaccio all’inizio non avesse previsto questa figura, tant’è che il tracciato della Croce inciso nella tavola arriva fino alla base e attraversa (con un esito involontario ma impressionante) il corpo della santa.
La Maddalena è inventata da Masaccio con un’essenzialità assoluta, in cui la situazione spirituale e psicologica fa sintesi con l’immagine fisica: la sua presenza è riassunta in una massa rossa, quella del manto che la ricopre, e dall’incendio del biondo oro dei capelli scarmigliati. A questo s’aggiunge il gesto delle braccia spalancate a “v” che sembrano essere complementari a quelle di Cristo inchiodate alla croce. Un gesto che insieme è di lancinante partecipazione al dolore del Signore, un vero a tu per tu con Lui, ma insieme, imprevedibilmente, anche di liberazione: quasi una prefigurazione della vittoria che seguirà… Di “dolore e canto” parla non a caso la poesia di Testori. Che chiude con questi versi: “l’unico tuo vanto/ è di gridare senza voce/ santo, /santo”.
Davvero, un grido senza voce, ma pur sempre un indimenticabile grido. Lunedì 3 e martedì 4 avremo modo di ascoltarlo interpretato da Valter Malosti, nella sala dell’Arciconfraternita del Museo Diocesano: l’attore proporrà lo spettacolo Maddalene, dove le più celebri Maddalene della storia dell’arte sono lette attraverso i versi scritti da Testori.
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