Pare che il fenomeno dei cosiddetto “turismo delle radici” stia per investire pure il calcio. Difatti, sembra che l’allenatore della “Nazionale italiana”, Roberto Mancini, dopo i due gol marcati nelle ultime gare dall’oriundo Mateo Retegui, sembra voglia inserire anche Lucas Beltran, Pedro De la Vega, Juan Sforza, Nicolas Capaldo e Matias Soule in squadra.
Avete capito bene. Stiamo parlando di Nazionale italiana, ma il fatto è che, con la sola eccezione dell’ultimo giocatore che già milita nella Juventus, gli altri giocano tutti in Argentina (per squadre di quel Paese) o, come nel caso di Capaldo, nel Salisburgo. E la caratteristica che li unisce è che tutti posseggono la doppia cittadinanza e hanno acquisito il passaporto italiano tramite loro avi che emigrarono in Argentina pure nell’800. Insomma, il decreto Giolitti del 1894 colpisce pure il football.
C’è da ricordare che a parte il fenomeno degli “oriundi”, che negli anni ’60 iniziarono a giocare in squadre italiane, questo revival si spinge ancora più in là, creando di fatto una squadra che di italiano ormai ha ben poco. sempre più somigliante d un calcio che ufficialmente di otaliano ha il fatto di giocarsi nel nostro Paese, ma che poi alla fine è talmente pieno di stranieri (e non solo in serie A, ma pure in B e nelle giovanili delle grandi squadre) che, se il tutto dovesse continuare, i pochi giocatori italiani dovrebbero essere costretti d iscriversi al Wwf.
E ora ecco il tocco della “Nazionale” a completare l’opera. Diciamo la verità, se solo guardiamo la Nazionale della vicina Francia essa è composta in gran parte di giocatori di origini africane, ma nati nel Paese transalpino e lì residenti, quindi con tutti i crismi della nazionalità. Qui da noi invece il fenomeno è solo la punta di un iceberg che ormai sta letteralmente ingolfando i tribunali italiani, invasi da decine di migliaia di persone per dimostrare discendenze che nella maggior parte dei casi (come nei calciatori) risalgono a metà dell’Ottocento.
“Persone che non hanno più legami linguistici, né culturali con il nostro Paese”, come dice il ministero degli Esteri, che oltretutto lancia un allarme dato che dal Sudamerica sono “possibili milioni di richieste di cittadinanza di oriundi” che mettono in crisi tutto il nostro sistema Consolare all’estero, al punto che nel solo Brasile occorrono circa 11 anni di attesa per avere un appuntamento al Consolato.
Però, come accade per il fenomeno del “turismo alle radici” (i cui difetti abbiamo già elencato in un precedente articolo) all’evidente preoccupazione per ulteriori milioni di oriundi che chiedono la cittadinanza Italiana per poi recarsi in Spagna per affinità linguistiche (visto che solo una sparuta minoranza di loro conosce l’italiano) o gli Usa per aggirare il visto altrimenti richiesto per le loro reali cittadinanze, si contrappone lo stesso Ministero nell’incentivare le ricostruzioni delle stesse cittadinanze. Proprio con il progetto Pnrr del turismo delle radici, sviluppato dallo stesso organo senza alcuna logica di preparazione all’eventuale trasferimento nella tanto “amata” Italia, si arriva al punto che viene richiesto ai 20 gruppi regionali che risulteranno vincitori del bando di “fornire assistenza alle richieste di ricostruzione della storia familiare provenienti da coloro che sono interessati a compiere il viaggio alle radici, in collaborazione con le autorità comunali ed ecclesiastiche locali”.
Insomma, oltre che aver già ingolfato consolati, uffici giudiziari e ministero dell’Interno, si punta a incasinare anche le anagrafi comunali già abbondantemente sotto organico.
Quale sia l’utilità di un’operazione del genere, se non il buttare dalla finestra milioni di euro di finanziamenti in un’operazione che alcuni già definiscono una Gardaland, non è dato sapere, visto che, lo ripetiamo, il prodotto Paese Italia non è tra i più appetibili specie in questi ultimi anni di una crisi abbondantemente annunciata e che colpisce soprattutto coloro che in Italia ci vivono veramente e anche chi, nato in Italia da genitori stranieri e qui residenti, deve attendere anni per avere la cittadinanza, nonostante parli la nostra lingua e lavori qui da noi… per favorire invece quel movimento degli “italiani fasulli” già abbondantemente denunciato in questi anni, ma che ancora incontra il favore di una politica quanto mai sempre più lontana dalle vere esigenze del Paese.
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