MINNEAPOLIS – Con una settimanella di ritardo, ma quello che si ventilava da qualche tempo presumibilmente si materializzerà martedì prossimo. Trump si consegnerà alle autorità per far fronte (nel suo caso sarebbe meglio dire “sfidare”, visto il personaggio) una serie di imputazioni di natura criminale. Trenta, per essere precisi. Frodi di impresa che però non sono ancora note perché non ancora rese pubbliche. Frodi di impresa tra cui spicca sempre la storia con la pornostar zittita a suon di dollari durante la campagna elettorale del 2016. Allora, a martedì, così sembrano far capire i suoi legali.
Un modo tutto “trumpiano” di dar inizio alla personalissima settimana di “passione” dell’unico ex presidente della storia americana incriminato per reati penali. Richard Nixon c’era andato vicino con il Watergate, Bill Clinton con Monica Lewinsky, e persino Ulysses Grant, l’eroe della guerra civile arrestato da un poliziotto newyorkese per “eccesso di velocità” con il suo calesse. Attenzione, non parliamo di “impeachment”. Trump, come già Nixon e Clinton, su quel fronte se l’è già cavata un paio di volte. Solo l’impeachment avrebbe potuto togliere di mezzo le sue aspirazioni presidenziali. Una condanna per impeachment avrebbe escluso Trump da qualsiasi futuro ufficio federale, ma il Senato lo ha assolto in entrambi i suoi processi.
L’imputazione del Grand Jury resta comunque un fatto unico e pesante. Difficile però dire chi sia più contento di questa decisione di procedere con queste incriminazioni. Certamente Mr. Alvin Leonard Bragg, procuratore distrettuale della Contea di New York, primo african-american a ricoprire questa carica, l’uomo che questa azione l’ha messa in moto e fortemente voluta. Da tempo Bragg aveva messo Trump nel mirino provando a incastrarlo in mille modi in quella che l’ex presidente ha bollato come “a political persecution and election interference at the highest level in history“, una persecuzione politica e una interferenza elettorale al più alto livello nella storia. I nemici di Trump riescono finalmente a mettere alle corde del diritto penale questa sorta di primula rossa (sarebbe più appropriato chiamarla arancione) che sembrava inafferrabile.
Ma Trump, che in realtà, bisogna riconoscere, è un notevole animale da palcoscenico, è certo che questa parvenza di martirio porterà frutti elettorali. Siamo sinceri: forse questa imputazione cambia il nostro giudizio su di lui? Chi mal lo vedeva e sopportava (e non lo avrebbe mai votato) ora sente ancor più legittimato il proprio senso di disprezzo ed assapora un po’ di “giustizia” che sa di vendetta. Chi lo amava, chi lo vedeva come l’unico baluardo a difesa dei valori di sempre della grande America, ora lo ama di più. La “persecuzione”, vera o fasulla che sia, dà consistenza alla sua immagine e spinge una fetta del Paese ad arroccarsi attorno a lui. Gli altri sono tutti nemici. E tanto per cominciare Trump ha già approfittato della vicenda legale per avviare una raccolta fondi. La vicenda giudiziaria non possiamo sapere dove porterà, ma intanto di fatto dà il via a una campagna elettorale che incombe sul Paese come una nuvolona nera.
God Bless America!
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