Ad Israele è stata testata per la prima volta una innovativa terapia salva vita che prevede di congelare il cervello, ovviamente in modo temporaneo, dei pazienti affetti da alcune malattie. Emblematico è il caso di una 46enne filippina portata d’urgenza in ospedale priva di sensi in seguito ad un’emorragia cerebrale per la quale non si riusciva a trovare una terapia efficace. Dopo un trattamento multidisciplinare tra cateterizzazione cerebrale e chirurgia, si è deciso di provare a congelare il cervello della paziente, di fatto salvandole la vita ed aprendo la strada a tutta una nuova serie di sperimentazioni cliniche.
Congelare il cervello per salvare la vita dei pazienti
Concretamente, non si tratta letteralmente di congelare il cervello dei pazienti, quanto piuttosto di ridurre la temperatura delle cellule cerebrali. La terapia è già in studio da tempo in diverse parti del mondo, ed ha già dimostrato una prevenzione di circa il 20/50% dei casi di ictus, prevenendo circa la metà dei probabili decessi. I risultati sono sorprendenti, soprattutto se si considerano tutte quelle malattie che espongono i pazienti ad un rischio di morte pari all’80/100%.
In particolare, congelare il cervello ottiene dei risultati ottimi per tutte le patologie che causano un’emorragia interna nel cervello. In questi casi, infatti, le terapie farmacologiche non ottengono quasi mai gli effetti desiderati, neppure se abbinate ad interventi chirurgici. Il sangue, infatti, che dovrebbe trasportare i principi attivi dei farmaci, affluisce in larga parte all’emorragia, di fatto finendo sprecato. Questa terapia è ampiamente diffusa e studiata soprattutto in Germania, dove ha anche studiato il medico che l’ha eseguita a Gerusalemme alla 46enne filippina. Per congelare il cervello si abbassa la temperatura a circa 33 gradi celsius, per un totale di 8 o 10 giorni massimo, in cui il paziente rimane costantemente sotto osservazione. Abbassando la temperatura, il flusso di sangue al cervello diminuisce, riducendo l’entità delle emorragie e portando, previo un altro percorso riabilitativo e medico, ad una remissione del danno e ad una diminuzione del rischio di morte.