Un pittore moderno, così richiesto da diventare una sorta di star. Ma anche uno dei primi veri imprenditori del mondo dell’arte, capace di tenere aperte contemporaneamente due botteghe – una a Firenze e una Perugia – dove si formarono artisti che ne diffusero il linguaggio artistico e i rivoluzionari schemi compositivi. Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come Perugino, è stato un artista centrale del Rinascimento, sicuramente il più famoso e richiesto nel ventennio che va dal 1480 al 1500. Poi la sua fama si è via via spenta con lo scorrere dei secoli, fino a giungere ai giorni nostri sbiadita e priva del suo reale valore. Una caduta clamorosa dopo aver toccato la vetta del riconoscimento e del successo. Ma perché questo è avvenuto?
In sala con Nexo Digital solo il 3, 4 e 5 aprile, il documentario “Perugino. Rinascimento immortale” di Giovanni Piscagliarisponde a questa domanda e contribuisce a sfatare diversi miti sul conto del divin pittore. L’exploit degli artisti della nuova maniera come Raffaello ha avuto un peso, ma non solo. Perugino ha dovuto fare i conti con le allusioni e le maldicenze di Giorgio Vasari: nelle sue “Vite”, il biografo degli artisti ha inanellato una serie di calunnie e pettegolezzi dal carattere negativo con l’obiettivo di glorificare Leonardo, Raffaello e Michelangelo.
Dimenticato e disconosciuto in maniera ingiusta per diverso tempo, il lavoro del Perugino ha oggi il prestigio e il rispetto meritato. Perugino è stato il primo artista dopo Giotto a permettere la diffusione in Italia di un linguaggio nazionale, frutto delle esperienze e degli insegnamenti dei suoi maestri, a partire dal Verrocchio. Sorprendente e stimolante, in grado di incantare per la chiarezza della composizione e per la qualità della sua pittura: la più grande eredità dell’artista di Città delle Pieve è la propensione per la creazione di un universo in piena armonia, una premessa portata a maturazione con il classicismo seicentesco.
Un equilibrio straordinario tra uomo e natura, tra realtà e ideale, tra armonie e ombre: commistioni riflesse in capolavori come “La Consegna delle Chiavi” della Cappella Sistina in Vaticano, il “Compianto su Cristo Morto” della Galleria Palatina di Firenze, la “Pietà” e “L’Orazione nell’Orto” delle Gallerie degli Uffizi. In altre parole, un’arte cristallina tra delicatezza e melanconia in grado di suscitare grandissime emozioni. Non è un caso che le opere continuino a rappresentare una sontuosa fonte di ispirazione per gli artisti contemporanei: è il caso del coreografo Virgilio Sieni, che ha sentito l’urgenza di dare nuova vita ai gesti dell’”Ultima Cena”.
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