L’Arabia Saudita ha consegnato alla Russia di Vladimir Putin la sua più grande arma nella guerra energetica. A ottobre il cartello Opec dei Paesi produttori di petrolio, a guida saudita, ha tagliato la produzione di due milioni di barili al giorno per far salire i prezzi. Incurante delle minacce non meglio circostanziate del presidente Usa Joe Biden, sta di nuovo tagliando la produzione. Domenica, infatti, nove membri dell’Opec hanno annunciato un taglio volontario di 1,2 milioni di barili al giorno da maggio alla fine dell’anno: ciò equivale all’1,1% dell’offerta globale. Questa mossa sta facendo salire di nuovo il prezzo del petrolio, destinato ad aumentare ancora. «Questi prezzi saranno la nuova normalità. Ciò avrà inevitabilmente effetti su milioni di consumatori, attraverso l’aumento dei prezzi alla pompa e dei costi nei negozi», afferma Bjarne Schieldrop, analista capo delle materie prime presso i servizi finanziari di SEB, al Daily Telegraph.
Mentre gli Stati Uniti osservano impotenti, la Russia ringrazia. Infatti, il colpo per l’Occidente è triplice: i prezzi elevati del petrolio mantengono alta l’inflazione, l’Arabia Saudita dimostra di voltare le spalle per volgere lo sguardo alla Cina e aumenteranno i profitti per la Russia. Secondo Benjamin Hilgenstock, autore di un rapporto sulle sanzioni alla Russia per il Centre for Economic Policy Research, ogni aumento di un dollaro del prezzo del greggio fa aumentare i ricavi delle esportazioni russe di circa 2,7 miliardi di dollari all’anno. Quindi, un aumento di 10 dollari del prezzo del petrolio aumenterà i ricavi delle esportazioni russe di circa 27 miliardi di dollari, portandoli a 145 miliardi di dollari quest’anno. Si tratta di un aumento di circa il 22,5% rispetto alle previsioni del CEPR prima che arrivasse la decisione dell’Opec.
OPEC SPIAZZA (E INDEBOLISCE) L’OCCIDENTE
Peraltro, questa arriva nel momento in cui le sanzioni occidentali cominciavano a mettere sotto pressione la Russia. «Questa è l’Arabia Saudita che dice “ehi, Russia, sei nostra amica”. Si stanno schierando con la Russia e l’alleanza cinese», aggiunge Bjarne Schieldrop, secondo cui avremo un mercato più rigido. «La Russia sarà in grado di applicare un prezzo del petrolio più alto, di ottenere un reddito migliore e di finanziare più facilmente la guerra in Ucraina, il che contrasterà indirettamente le sanzioni attuate dall’Occidente». Come evidenziato dal Daily Telegraph, è improbabile che l’inflazione globale aumenti, se non altro perché i prezzi del petrolio sono stati così alti l’anno scorso, ma il taglio dell’Opec renderà i prezzi più a lungo più alti. La mossa dell’Opec, secondo Ole Hansen, responsabile della strategia sulle materie prime di Saxo Bank, «evidenzia la volontà e la capacità dell’Opec di controllare i prezzi». La mossa rientra in un gioco di potere dell’Arabia Saudita: visto che la produzione di scisto negli Usa si sta avvicinando al picco, dopo un lungo periodo in cui il fracking ha fatto crollare i prezzi, ora l’Opec può fare quello che vuole. «Possono controllare il mercato del petrolio come vogliono, perché lo scisto non sta più crescendo in modo folle. Questo è stato un grande, grande cambiamento nel mercato del petrolio. I prossimi cinque anni saranno molto diversi», osserva Schieldrop.