Il governo Meloni è riuscito questa mattina almeno a superare il problema relativo alla cessione dei crediti attraverso il nuovo decreto che è stato approvato alla camera e che seguirà l’iter verso il Senato. Eppure il superbonus era stato presentato come un contributo economico che poteva mettere seriamente a rischio le finanze statali e “a rischio” secondo Giorgia Meloni, c’erano soprattutto “le pensioni”.
Adesso che però uno spauracchio sembra quasi superato, resta il problema della legge strutturale, la cosiddetta riforma pensioni 2023, che ancora non vede la luce.
Riforma pensioni 2023: la Francia in attesa del parere della Corte Costituzionale
E, mentre l’Italia brancola nel buio, la Francia potrebbe addirittura tornare sui suoi passi. La prima notizia è che il 14 aprile 2023 la Corte Costituzionale francese si esprimerà in merito alla riforma pensioni voluta da Macron, che riduce le 35 categorie previdenziali a una sola oltre a innalzare di due anni l’età pensionabile. Ma Macron non si è sognato di proporre il 67 anni della legge Fornero, bensì ha fissato la exit a 64 anni. Quanto basta per mandare a ferro e fuoco l’intera Parigi.
Prima ancora che la riforma approdi alla Corte Costituzionale, i leader gauche hanno deciso di consegnare nelle mani di Emmanuel Macron una lettera in cui chiedono il ritiro di riforma pensioni. Precedentemente anche Elsa Fornero aveva espresso la sua solidarietà nei confronti del primo ministro francese. In un qualche modo deve essersi sentita vicina alla perdita di popolarità del premier d’oltralpe, esattamente come è accaduto a lei ai tempi del governo Monti. Ma tra la riforma francese e quella italiana che differenze ci sono? E, a conti fatti, è meglio quota 41 a cui plaude anche la rappresentanza sindacale, o la legge Fornero?
Riforma pensioni 2023: per l’Italia è meglio la Fornero o quota 41?
Ma oltre al fatto che Macron non ha la minima intenzione di ritirare la riforma visto l’impegno speso per farla approvare, e visto anche il forte interesse di Bruxelles nei confronti di tutti i paesi europei, affinché questi riducano le spese previdenziali in vista del 2035 (e ancor più del 2050), quando cioè il sistema previdenziale peserà troppo in rapporto al PIL e il rapporto lavoratori pensionati sarà tutto a vantaggio dei secondi.
E mentre a Parigi si discute sulla possibilità di ritirare o modificare la legge sulle pensioni che non piace alla sinistra, in Italia la sinistra plaude a quota 41 universale, che però mette seriamente a rischio la exit ha 67 anni. Se infatti il calcolo del raggiungimento dei requisiti necessari alla pensione secondo la legge Fornero potrebbe spostare di altri tre anni le aspettative di un ragazzo che lavora dall’età di 25 anni, le cose non vanno affatto bene per gli over 50 che hanno vissuto una discontinuità contributiva e che potrebbero (già tra dieci anni) dover attendere l’età di 75 anni per poter andare in pensione.
La situazione poi si complica per i cosiddetti millennial, coloro che negli anni 2000 avevano un’età compresa tra i 15 e i 20 anni. La generazione degli anni ottanta infatti, potrebbe dover aspettare dai 75 anni (ad un’età ancora da definire) per poter maturare il requisito della pensione di anzianità.
La legge Fornero però concede la exit pensionistica a 67 anni di età e 41 di contributi, sicuramente se c’è chi a 70 anni non avrà maturato i 41 di contributi prima ancora della riforma pensioni 2023, bisogna lavorare ad un correttivo che fissi il limite massimo relativo all’età anagrafica e introduca un salvagente previdenziali come Ape Sociale e Opzione donna.
E dunque una legge strutturale che sia piena di quei correttivi che anche in Francia reclamano fino al punto da richiedere l’eliminazione della riforma pensionistica, diventa una necessità vitale per il sistema socio-economico del belpaese.