MOSCA – Anche quest’anno la Pasqua ci ha raggiunto nel dolore e nello sconcerto, se non ancora nella paura e nell’incertezza. Il periodo storico che stiamo vivendo è caratterizzato da tragedie che sembrano non avere fine.
In Europa col conflitto che interessa Ucraina e Russia ci siamo risvegliati come in un incubo, che pensavamo non potesse più accadere. Penso a quello che è avvenuto più di trent’anni fa nei Balcani. Ma penso anche alla Siria, al Myanmar, con la conseguente ondata di migrazioni forzate, di deportazioni di prigionieri, di fughe verso un futuro quantomai incerto. Certo, si dice, sono conflitti più o meno “locali”, ma così dicendo cerchiamo solo di non vedere che tutto ciò coinvolge milioni di persone, e nazioni in tutto il mondo.
E come non parlare dei cataclismi naturali, con la loro misteriosità insondabile, e delle conseguenze dei disastri, ecologici e biochimici, legati a un uso della natura non proprio secondo il suo disegno intrinseco.
In tutto ciò, un aspetto che ha destato la mia attenzione è stato il tentativo di gestire le varie “emergenze” con la ricerca di nuove forme di governo, o di potere. Senza entrare nel merito delle motivazioni e delle conseguenti decisioni prese dai vari Paesi, si assiste innanzitutto a una profonda crisi delle forme ormai consolidate di governo. Le democrazie storiche, prendiamone ad esempio solo due: la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, si sono trovate in forte difficoltà nel gestire crisi interne ed esterne, con il risultato che per molti la democrazia non è affatto più un bene esportabile dai loro Paesi. Pensiamo poi al dramma di un’Europa che stenta a ritrovare una sua identità, perché ha smarrito le proprie origini, e a Paesi che rivalutano la possibilità di un potere centrale forte, quasi onnipotente e onnipresente, come per esempio avviene in Cina, in Russia, e in altri Paesi ancora. Altri poi cercano forme già “collaudate” come “democrazie” militari, o aperte dittature, come avviene in America Latina, in Africa, o in Asia. L’elenco sarebbe molto più lungo di quanto possiamo immaginare…
Grazie all’incontro cristiano con Cristo risorto, sono portato a valutare il minimo positivo che si può trovare anche in queste forme. “Giudicate tutto, ma trattenete ciò che vale, il positivo” (cfr. 1Tess 5,21), dice Paolo. Tuttavia questi tentativi potrebbero essere al massimo nobili, ma ultimamente tristi, e comunque destinati a incrementare il fallimento della civiltà.
La Pasqua, in cui facciamo memoria della resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, pone all’attenzione dei popoli qualcosa di diverso: la comunione. Cristo Risorto affida il governo della realtà da lui creata, la Chiesa, la sua pace e il suo sviluppo, a una forma comunionale.
Personalmente ritengo che il “progetto” di Papa Francesco di iniziare un processo di discernimento sulla comunione, la sinodalità come viene chiamata, abbia qualcosa da dire non solo alle chiese locali o alla chiesa universale, ma anche alle nazioni.
Anni fa trovai questo articolo di Pavese, scritto nel 1945 dopo la guerra, che mi colpì molto: “Andremo verso l’uomo, perché questo è l’ostacolo, la crosta da rompere: la solitudine dell’uomo, di noi e degli altri. Sta qui la nostra felicità. Sapevamo e sappiamo che dappertutto, dentro gli occhi più ignari o più torvi, cova una carità, un’innocenza che sta in noi condividere. Sono uomini quelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noi quando scordiamo che la vita è comunione”. E, forse, la comunione potrebbe anche innervare di nuova vita, portandole a un cambiamento per il bene delle singole persone e dei popoli, le attuali forme di governo.
Trentacinque anni fa il cardinale Karol Wojtyła, divenuto Papa Giovanni Paolo II, si rivolse al mondo con questo grido: “Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”.
La salvatrice potestà, cioè il governo che Cristo Risorto propone è la comunione vissuta.
Da qualche parte ho trovato che George Bernanos avrebbe detto anche lui nel 1945, dopo la terribile guerra, queste parole: “ci si fa sempre beffa delle persone che si accontentano delle idee. Ma che valore può avere un’idea stampata su una fredda carta, o impressa in un cervello quasi altrettanto freddo della carta? È necessario che l’idea si incarni, che penetri nei nostri cuori, che assuma il movimento e il calore della vita”.
Per Gesù Cristo Risorto, e per i suoi vicari in terra lungo i secoli, è proprio la comunione, il motore del movimento e del calore della vita non solo della Chiesa, e di ogni comunità, ma anche di ogni società, di ogni popolo e nazione.
E se fosse questa la via d’uscita dal “cul de sac” in cui si è cacciato il mondo con la sua pretesa globalizzazione?
Santa Pasqua!
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