Mentre camminano rasente al muro, quasi fossero delle ombre nell’ombra, le pie donne tacciono: “Acqua in bocca!”. Sono imbacuccate di silenzio e di tanta solitudine. Quand’hanno la certezza che la città è ancora a letto, si riuniscono in gruppo – come quando s’andava al mercato di giovedì – e balbettano parole di un’attesa non ancora del tutto collassata: “Il cimitero, Susanna, lo troveremo aperto, oppure sarà ancora chiuso a quest’ora?”. Son quasi madonne, ma le pie donne non possono ancora sapere che “il futuro entra in noi molto prima che accada” (S. Weil).
Lui, dentro a quel bel sepolcro prestatogli dal suo carissimo amico d’Arimatea, non c’è già più: “Tempo tre giorni e ti libererò la stanza – gli disse, a pelle, mentre le sue braccia nerborute lo calavano dal patibolo –. Grazie per l’accoglienza, amico mio. Ringrazia Nicodemo per i suoi profumi: li ho graditi nel marcio di queste notti di morte!”.
Maria, chi l’ha vista di sfuggita appena dopo che i due amici l’hanno sepolto, era un fiore di seta appassito: il volto prostrato a terra, affusolava le dita dall’imbarazzo, continuava a respingere quella voce di chi le diceva ch’era tutto morto. Appena risorto, il Figlio le apparve esattamente dove s’erano dati appuntamento. Nessun evangelista ha mai tradito il pudore di un incontro che, a conti fatti, rende giustizia a tutte le maternità: “Mamma, a te il mio primo grazie: per avermi aiutato a nascere, a morire e a risorgere. In queste nottate le tue preghiere son state come le ninne nanne che intonavi quando ero poco più che un bambino. Mi hanno aiutato a risvegliarmi dal letargo”.
Le guardie, annoiate, infreddolite, invano sorvegliano il sepolcro. Quando, poi, scopriranno la grande evasione, sarà come chiudere la stalla quando i buoi son fuggiti via. Lui, quando il mondo discepolo si accorgerà, è già altrove: la sua prima Chiesa, per la prima di tante volte, arriva in ritardo. Sono le donne, quelle che pochi s’accorgevano esserci quand’era in vita il Cristo, a recare l’annuncio agli uomini tutti d’un pezzo (pensavano loro): “Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dar l’annunzio ai discepoli” scrive Matteo (28,8).
Non l’annunciò loro il Maestro in persona: affidò l’annunciazione, la grande annunciazione, all’essere femminile che, nel diritto di quell’epoca, era di un valore pari a meno di zero. “Ma che razza di annuncio è mai questo?” avrà avuto da dire Satàn il pezzente. Per lui, per una cosa del genere, sarebbe stato da sverniciare di scritte la città intera, di mettere a ferro e fuoco il centro come dopo un mondiale conquistato: ci sarebbe stato da svaligiare un’armeria perché i fuochi esplodessero e arrivassero fino al cielo. Per Cristoddìo, invece, nulla di tutto questo. Anche i miscredenti, nel suo animo, vanteranno sempre il diritto di venire combattuti con grande lealtà, senz’umiliazione: “Poi ti trovi che sei tu ad avere l’arma ma non spari, perché di colpire chi ti ha ferito non t’importa nulla” (A. Merini). Da Risorto, mantiene lo stesso stile d’allora: a bassa voce, in punta di piedi. La delicatezza di chi, invece che sfondare la porta, bussa. (Ri)bussa.
Quand’incontra le pie donne dell’annunciazione, invece che stampargli un bel bacio, non trovano di meglio che prenderlo per i piedi:“Gli presero i piedi e lo adorarono” (Mt 28,9). Loro, che sono donne (e quindi un po’ madonne), non l’avevano digerita bene la serata del giovedì: “Possibile, Maria, che nessuno di loro, dopo che Lui ha lavato loro i piedi, abbia avuto il coraggio di ricambiare?”. Per tre giorni ripensarono a quella che, per loro, fu una sgarbatezza: “Ricordati che se ci capiterà, un giorno, d’incontrarlo, ripareremo noi. Ricordiamocelo tutte a vicenda, donne”.
Quand’apparve loro, si ricordarono della faccenda rimasta in sospeso e “gli presero i piedi e lo adorarono”. Glieli baciarono, dopo che le loro lacrime gaudenti fecero da acqua, i loro bei capelli da asciugamano. I gesti che nascondono la verità han una vibrazione diversa da quelli che s’improvvisano.
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