Lo stimolante dibattito che si è sviluppato negli ultimi anni sul mismatch tra richieste di giovani tecnici da parte del sistema produttivo e il numero di giovani reperibili sul mercato del lavoro inevitabilmente si focalizza su una parola chiave: “competenza”.
L’assenza di competenze adeguate possedute dai giovani in uscita dai percorsi formativi tradizionali, la mancanza o l’insufficienza di competenze in chi già lavora di fronte all’inesorabile e veloce sviluppo tecnologico vengono da più parti indicate come una pesante zavorra che rallenta lo sviluppo tecnologico ed economico del Paese.
D’altra parte, se ben si va a vedere, le parole competenza e competizione hanno la stessa radice latina “petere”: dirigersi, andare, unite al prefisso “cum”, con, assieme. Quindi, se la parola competizione ha mantenuto il suo significato originario di correre tutti verso lo stesso obiettivo (la vittoria naturalmente), il termine competenza è traslato nel significato verso “qualità necessaria a competere”.
Tralasciando approfondimenti sulle competenze chiave per la cittadinanza ben strutturate nell’ormai ventennale percorso che a partire dai primi documenti si è poi delineato in una serie di raccomandazioni della Commissione europea ampiamente studiati e diffusi, vorrei entrare nel merito di quello che è poi uno degli aspetti più rilevanti legati alla spendibilità delle competenze in ambito lavorativo: l’attestazione o certificazione delle competenze nel sistema terziario professionalizzante degli ITS Academy.
Per fare un po’ di chiarezza è importante ricordare la classica classificazione delle competenze basata sul criterio della loro acquisizione.
– Competenze formali, acquisite durante un percorso di studi istituzionale e certificate da un ente formativo.
– Competenze non formali, acquisite durante attività formative non istituzionali anche non formalmente codificate. Tipicamente aggiornamenti sul posto di lavoro o corsi specifici scelti dai singoli anche non legati ad ambienti lavorativi.
– Competenze informali, acquisite anche involontariamente con le esperienze lavorative o di vita quotidiana.
Mentre riguardo all’ultima categoria il problema “certificazione” resta in secondo piano, sulle prime due tipologie è il caso di soffermarsi per alcune riflessioni che risultano fondamentali alla luce delle problematiche di reperimento di personale qualificato.
Le competenze formali dovrebbero essere già sufficientemente certificate dall’ente che ha erogato la formazione, ma questo processo nella scuola secondaria superiore oltre a essere principalmente incentrato sulle competenze di base (competenze chiave), e quindi a non entrare nello specifico tecnico, risulta a volte frettolosamente svolto quasi solo come un obbligo formale, soprattutto nei casi molto frequenti nei quali la didattica è svolta in modo disciplinare e non “per competenze”. Ne deriva la necessità sia da parte dello studente diplomato, quindi dotato in teoria di una certificazione formale, di dover dimostrare e far valere quanto appreso nel corso di studi all’atto della ricerca di occupazione, sia per l’azienda che assume di dover accertare quanto dichiarato dal candidato all’assunzione.
Discorso decisamente diverso per quanto riguarda gli ITS Academy che, praticando didattiche mirate all’inserimento lavorativo ed essendo partecipati dalle aziende, possono “attestare” competenze specifiche che comunque restano nell’ambito di un sistema di “autocertificazione” e difficilmente riescono attualmente a certificare le competenze non formali acquisite durante la formazione in azienda che istituzionalmente occupa dal 30% al 50% della durata del corso. Potrà essere quindi di grande utilità per il terziario professionalizzante degli ITS Academy un sistema di certificazione basato su una serie di elementi riconosciuti validi sia da chi eroga la formazione, sia da chi poi ha la necessità di inserire in organico personale qualificato.
I punti principali sono i seguenti:
– la certificazione deve essere eseguita da parte di un ente terzo, riconosciuto valido sia dal sistema formativo che da quello produttivo;
– devono essere comprese sia competenze tecnologiche specifiche, sia quelle trasversali mirate al contesto lavorativo;
– per ciascuna competenza devono essere stabiliti livelli di raggiungimento chiaramente identificabili e corrispondenti al livello di formazione;
– modalità e strumenti utilizzati devono portare a un risultato quantificabile oggettivamente;
– la certificazione deve essere “leggibile” da parte dell’azienda rispetto alla competenza specifica richiesta;
– gli strumenti e le procedure devono essere semplici e ripetibili per non appesantire e rendere macchinoso il processo;
– il sistema dovrà poi essere riconosciuto ampiamente anche in contesti territoriali differenti e potenzialmente esteso su tutto il territorio nazionale.
Degna di nota in questo contesto la sperimentazione in corso, nell’ambito di un protocollo di intesa, tra Unioncamere e Associazione Rete ITS Italia, che partendo dall’area meccanica meccatronica, in collaborazione con Federmeccanica, porterà al rilascio di certificazioni di parte terza valorizzabili sotto forma di “open badge” nel CV dello studente. Il progetto prevede una possibile estensione, sia per quanto riguarda il numero di competenze certificabili, sia le aree tecnologiche del sistema ITS Academy coinvolte.
È un primo passo verso un sistema di valorizzazione delle competenze che veda coinvolti con pari rango sia il mondo dell’istruzione che quello dell’impresa nell’implementazione di uno strumento che potrà essere di grande aiuto anche per la progressione di carriera dei lavoratori e in funzione della loro formazione continua.
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