CASO SOUMAHORO, LA DENUNCIA DELL’EX DIPENDENTE DELLA “KARIBU”: “BIMBI SENZA CIBO”
Nel giorno in cui un lungo articolo sul “Riformista” accusa la stampa di aver “montato” un caso attorno al deputato Aboubakar Soumahoro, sulle colonne de “Il Giornale” viene ospitata la testimonianza di Youssef Kadmiri, ingegnere marocchino 42enne ed ex dipendente della cooperativa “Karibu”, gestite da suocera e moglie di Soumahoro (rispettivamente, Marie Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete). Quando le indagini della Procura di Latina sulla coop di accoglienza migranti sono chiuse, con avvisi di garanzia recapitati ai familiari del deputato ex Verdi-Sinistra, l’ex dipendente racconta una sorta di “doppia faccia” della famiglia Soumahoro sull’intera vicenda indagata.
«Ho lavorato con la cooperativa Karibu per due anni, con tutta la famiglia Soumahoro: Marie Terese, Liliane, Aline», spiega Kadmiri nella lunga intervista al “Giornale”, dichiarando di non avere ricevuto ancora lo stipendio. Il motivo? É semplice: «Lavoravo a nero perché rimandavano sempre il fatto di farmi un contratto. Mi dicevano che i pagamenti non arrivavano perché c’erano ritardi dalla prefettura, dai comuni e dagli enti. Avrei dovuto avere 1200 euro al mese ma ancora dopo tre anni niente. Come si fa a vivere così?». Il racconto sulla coop è ricco di elementi negativi, a cominciare dal livello di vita dei minori all’interno dei campi: «i minori erano lasciati a loro stessi per settimane, completamente abbandonati. Non c’era acqua, non c’era luce e pochissimo cibo. Non avevano vestiti, non c’era nemmeno una lavatrice e non sapevamo davvero come andare avanti».
“SOUMAHORO HA VISTO TUTTO: LORO SEMPRE CON VESTITI DI MARCA…”
L’accoglienza avrebbe dovuto prevede, secondo i principi stabiliti dalla stessa coop “Karibu”, corsi di formazione, percorsi con professionisti come psicologi e insegnanti e anche cure mediche. «Invece per sopravvivere erano costretti ad andare a lavorare e guadagnare qualcosa per mangiare e vestirsi», racconta lo stesso ex dipendente della cooperativa gestita dalla famiglia di Soumahoro. Secondo Youssef Kadmiri la compagna di Soumahoro e la madre venivano sempre nel centro di accoglienza e dunque vedevano la situazione degradante: «vedevano che i minori si arrangiavano e andavano a lavorare per pochi euro in aziende agricole o in qualsiasi altro posto pur di riuscire ad ottenere qualche euro per mangiare e vestirsi. Ma non hanno mai fatto niente, a loro non è mai importato nulla. Facevano promesse su promesse, a noi di pagarci – con la scusa che non c’erano fondi – e ai minori che sarebbe migliorata la situazione».
Quando la Procura ha riportato nell’atto di accusa che alcuni dei fondi destinati ai migranti sarebbero stati usati dalla moglie di Soumahoro per comprare vestiti piuttosto costosi, l’ex dipendente non fa una piega: «non mi stupisce. Tutta la famiglia è così. Si sono sempre presentate con abiti firmati, di marca. La moglie di Soumahoro è una donna ricca e lo è sempre stata, come Marie Terese». Quando invece viene chiesto della presenza o meno di Aboubakar Soumahoro nei centri della “Karibu”, ecco che la risposta diviene più interessante a livello politico (e forse non solo): «l’ho visto lo scorso anno, qui a Latina. Sia alla sede Karibu, dove aveva anche la sede della sua Lega Braccianti, sia al centro di accoglienza dove c’erano gli ospiti». Secondo la testimonianza di Youssef Kadmiri, Soumahoro prendeva la spesa insieme a Michel (Rukundo, cognato del deputato, anche lui indagato, ndr): «come poteva non vedere i ragazzi lasciati lì senza acqua né cibo? Lui portava la spesa, ma era sempre poca, una volta a settimana per dieci ragazzi tipo. C’erano anche bambini piccoli che avevano bisogno di latte, ma il latte non c’era». Secondo l’ex dipendente insomma “non poteva non vedere o sapere”, al netto di quanto invece sostenuto fino ad ora da Soumahoro, che ha sempre raccontato di essere stato una sola volta alla Karibu. Sui social oggi è tornato a parlare lo stesso deputato, in risposta all’articolo “benevolo” nei suoi confronti del “Riformista”: «Il linciaggio mediatico e la campagna denigratoria e razzista, basata su falsità e menzogne, è stata montagna di fango. Grazie a chi ha continuato a Resistere con me nella verità e nella convinzione. Chi ha diffamato ne risponderà. Grazie al Riformista».