Fiorenzo Fumanti, geologo dell’Ispra, coordinatore della realizzazione del Database nazionale geologico minerario, ne è certo: l’Italia non deve dipendere dall’export per i minerali più preziosi, fondamentali per la produzione tecnologica. Un’indagine condotta dall’Ocse rivela che le restrizioni all’export di materie prime critiche sono quintuplicate dal 2009 a oggi con i prezzi aumentati del 200%. L’esperto, a Repubblica, spiega: “Non mi meraviglia, avremmo dovuto aspettarcelo quando, all’inizio del secolo, l’Italia ha deciso di chiudere con l’attività mineraria. L’ultima miniera a chiudere è stata quella di bauxite a Olmedo, in Sardegna, nel 2014. Pensavamo che sarebbe stato più semplice ed economico acquistarle dall’estero, una scelta poco lungimirante: non si è andati al di là del bisogno immediato”.
Eppure, rivedere la scelta e non dipendere dagli altri per quanto riguarda le forniture minerarie, non è così semplice e immediato: “Dobbiamo recuperare tutto quello che è stato perso in 20 anni di mancati investimenti in ricerca, formazione e politica industriale”. Per questo, “Dobbiamo puntare sulla formazione tecnica e universitaria: sono pochissimi gli istituti tecnici minerari, ed è rimasto aperto un solo corso di Ingegneria mineraria, al Politecnico di Torino. Anche i corsi di giacimentologia sono insufficienti. Però quel poco che è rimasto è un’eccellenza, nelle Università e nei centri di ricerca come Cnr e Ispra. In quest’ottica nel Pnrr Geoscience di Ispra abbiamo inserito una parte dedicata alla formazione mineraria: le attività formative rimarranno sul nostro sito per almeno dieci anni”.
Fumanti: “Minerali? In Italia presenti più di 3000 siti”
In Italia, i siti minerari ci sono ma non vengono sfruttati. Come spiega il geologo dell’aspra Fiorenzo Fumanti a Repubblica, “Abbiamo censito, partendo dai documenti disponibili dal 1870, 3016 siti. Quelli di minerali metalliferi sono circa un migliaio. Sicuramente sono tutti, o quasi tutti, da rivalutare e riesaminare con le tecniche moderne, che ci permettono di andare molto più in profondità di 30 o 40 anni fa. Per esempio si pensava che la miniera di cobalto di Punta Corna (To) fosse esaurita, viene usata dal Settecento. Ma è invece un giacimento importante che può ancora fornire quantitativi interessanti. E poi ogni miniera ha il suo deposito di rifiuti estrattivi”.
Tali miniere, però, non sono utilizzabili al momento: “Bisogna modificare la normativa, che permette di farlo solo per le miniere in attività o chiuse dopo il 2008. E per farlo è necessaria l’interlocuzione con le Regioni. Ma non ci sono ostacoli pratici. Un tempo ci si limitava a utilizzare quello che si cercava, per esempio il ferro, e a buttare il resto. In quei cumuli di rifiuti a cielo aperto, che rilasciano anche sostanze inquinanti nell’ambiente, possono trovarsi diverse materie critiche, comprese le terre rare. Solo in Sardegna ci sono 70 milioni di metri cubi di rifiuti estrattivi”.