Come comunicato ieri dall’Istat, a febbraio la produzione industriale è scesa dello 0,2% su base mensile e del 2,3% in un anno. Nella media del trimestre dicembre-febbraio, invece, il livello della produzione è aumentato dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti.
Secondo Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, occorre cautela nel compiere valutazioni, «perché all’inizio dell’anno i dati mensili sono poco significativi per capire come stanno andando realmente le cose. Conviene piuttosto focalizzare l’attenzione sul raffronto trimestrale, che ci dice che, al di là delle oscillazioni mensili, siamo in presenza di una dinamica relativamente stazionaria della produzione industriale sui livelli che avevano caratterizzato gli ultimi mesi del 2022, che non sono stati certo negativi. Allo stesso tempo, occorre anche non dimenticare l’attuale contesto internazionale, ancora non molto positivo, con la Germania piuttosto ferma dal punto di vista economico e la Cina non ancora completamente ripartita, che non consente una dinamica espansiva significativa alla stessa produzione industriale».
Tra due settimane avremo una prima stima sull’andamento del Pil nel primo trimestre del 2023. Lei cosa si aspetta?
Sono convinto che il primo trimestre possa registrare una tenuta della nostra economia. Raffrontando il trimestre dicembre-febbraio con quello settembre-novembre, la manifattura è cresciuta dello 0,5%. Non è un granché, soprattutto perché si tratta di un aumento rispetto a un periodo che era stato stazionario, ma vuol dire che non c’è stato un cedimento. Questo aiuta un Pil che nel frattempo continuerà a vedere probabilmente un’espansione dei consumi privati, quindi una buona dinamica dei servizi, perché sappiamo che gli indicatori di fiducia delle famiglie sono migliorati significativamente dopo la botta del caro bollette. Non escluderei che il primo trimestre possa chiudersi in rialzo, magari non di molto. Questo ci aiuterebbe parecchio rispetto all’intero 2023, perché alla fine dello scorso anno c’era già una crescita acquisita dello 0,4%.
A proposito di crescita nel 2023, il Fondo monetario internazionale stima un +0,7%, mentre il Governo, nel Def prevede un +1%. Come crede che finirà l’anno?
Il +0,7% del Fmi è in linea con le previsioni di Prometeia e credo che sia veramente a portata di mano. Non è molto distante dall’1% stimato nel Def, che potrebbe essere raggiunto qualora nella seconda parte dell’anno l’economia accelerasse un minimo. Che finisca in un modo o nell’altro stiamo comunque parlando di una crescita che ne seguirà una precedente biennale del 10,9%.
Le vacanze pasquali sono state contraddistinte da viaggi e molte presenze turistiche. Se questo trend proseguirà, a partire dai ponti di fine aprile, il turismo potrà essere ancora una spinta importante per il Pil come lo scorso anno?
Ho l’impressione che le presenze straniere stiano crescendo in misura abbastanza significativa e questo è importante perché il turismo internazionale potrebbe darci un’ulteriore mano, dato che quello nazionale aveva mostrato già lo scorso anno di avere molte frecce al suo arco. La crescita potenziale aggiuntiva nel lungo termine potrà venire, però, principalmente dagli investimenti. È importante quindi che, da una parte, il ciclo degli investimenti industriali non freni, pur in un quadro dove non si è pensato molto a come far proseguire lo slancio di Industria 4.0, e che, dall’altra, si riescano a utilizzare le risorse del Pnrr, che rappresentano per l’Italia una dotazione aggiuntiva rispetto ad altri Paesi europei. Un buon utilizzo di questi fondi può aggiungere alle previsioni sul 2024 quel quid in più che forse in questo momento il Fmi non riesce a vedere nella nostra crescita.
In effetti, la forbice tra le previsioni del Fmi e quelle del Governo sul 2024 si amplia: +0,8% contro +1,5%.
Partiamo dal presupposto che in quadro così dinamico e complesso, che tende a presentare sorprese continue e che vede le economie occidentali ancora alle prese con diverse turbolenze, dalla guerra in Ucraina all’inflazione, è veramente difficile fare delle previsioni sul 2024. Per il momento credo sia importante evidenziare anche i segnali più piccoli che si intravvedono nei dati della produzione industriale di inizio anno, perché ci sono settori che tengono bene.
Per esempio, quali?
Sempre nel raffronto tra i trimestri dicembre-febbraio e settembre-novembre vediamo un +2% per macchinari e attrezzature, un +7,4% per la farmaceutica e un +1,2% per le industrie alimentari. Queste variazioni positive sono segnali di tenuta dei settori più importanti della nostra economia, anche in prospettiva di export. Se questo trend proseguirà, è facile ipotizzare che man mano che l’inflazione scenderà, i consumi interni in tutti i Paesi europei riprenderanno in maniera significativa in tutti i Paesi europei e la ripartenza della Cina accelererà, ci possano essere mesi più positivi davanti a noi.
(Lorenzo Torrisi)
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